LE DONNE SONO ‘TIGRI’ IN CAMERA DA LETTO

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Il sondaggio che elegge le donne quali vere e proprie tigri delle lenzuola è stato condotto su un campione di oltre mille persone – precisamente 566 donne e 605 uomini – e la maggior parte delle volontarie di sesso femminile ha ammesso di essere molto più “rumorosa” durante i rapporti sessuali del proprio partner. La percentuale di rivelazioni è arrivata a superare il 94%. In sostanza, quasi tutte le risposte sono state positive. Ma è un’invenzione delle donne o il fatto è reale? A giudicare dalle risposte dell’universo maschile sembrerebbe che le volontarie abbiano proprio detto la verità. Il 70% degli intervistati, infatti, ha ammesso che la parte da “leone” la fa proprio la donna – tanto per rimanere nella metafora.
«Il sesso è in gran parte come il tennis a Wimbledon, le donne fanno molto più rumore!», si legge su Cosmopolitan.
Tuttavia, Tracey Cox, autore britannico esperto in sesso e relazioni sociali, afferma che non esiste alcun motivo per cui le donne dovrebbero essere più rumorose degli uomini quando si trovano in camera da letto.
«Si tratta di una fatto individuale. Alcune persone urlano durante un concerto, altri ascoltano senza far rumore. Ciò non significa che non si stiano divertendo!», spiega Cox.
Però potrebbe esserci anche un altro motivo per cui le donne sono fanno così tanto rumore: forse semplicemente perché sono più abituate a fingere degli uomini.
«Una teoria plausibile potrebbe essere che siccome le donne fingono [l’orgasmo] più spesso rispetto agli uomini, forse si sentono obbligate a fornire “prove” del loro divertimento – continua Cox – A ogni modo, abbiamo bisogno di stare alla larga dal pensare che tanto più la persona è rumorosa letto, tanto più sta godendo».

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

LE COPPIE CI PENSANO 14 VOLTE PRIMA DI DIRE TI AMO

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Altro che amore a prima vista, le coppie moderne ci vanno coi piedi di piombo e prima di pronunciare il fatidico “ti amo” ci pensano su almeno 14 volte: il numero di incontri che in media ci vogliono prima di poter dire di avere un reale rapporto d’amore con il partner.Che dunque l’amore a prima vista – o primo appuntamento – non sia più di moda lo ha decretato un largo sondaggio che ha coinvolto oltre 100mila persone europee che hanno risposto alle domande di un sito d’incontri, tale seekingarrangement.com.
Dalle risposte fornite dagli utenti si è scoperto che gli appuntamenti tra i partner di nuove coppie avvengono in media due volte a settimana, per cui si evince che se il “ti amo” viene pronunciato al quattordicesimo incontro, l’ufficializzazione del rapporto avviene in media dopo sette settimane.
Tra il suggello del rapporto con il dichiararsi innamorati e le attività correlate al rapporto stesso tuttavia i tempi cambiano e, prima dell’amore vero e proprio quale sentimento, c’è il fisico con lo scambio di effusioni e il sesso. Dal sondaggio è infatti emerso che le coppie tendono a baciarsi piuttosto presto: in genere dopo due appuntamenti o una settimana. Allo stesso modo, i rapporti sessuali avvengono in media dopo quattro appuntamenti o due settimane – insomma, ci si saggia a vicenda.
Secondo una portavoce del sito d’incontri questo rende giustizia più alle donne perché mette in evidenza come queste non si lascino andare in effusioni subito la prima volta, e decidano anche di fare sesso dopo che si sia conosciuto abbastanza la persona che si ha di fronte – in sostanza, anche il corpo ha un suo valore che va salvaguardato, così come la dignità.
Se poi la coppia ritiene che il rapporto possa avere un futuro viene il momento di presentare il proprio partner agli amici, cosa che avviene in media dopo sei incontri o tre settimane – un po’ dopo il sesso e, forse, perché si sono già piantate le basi per un possibile rapporto duraturo che ha già superato la prova dell’affiatamento, anche fisico.

Dott. Roberto Cavaliere

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GLI UOMINI STRESSATI PREFERISCONO LE DONNE FORMOSE

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Donne “curvy” contro donne “taglia 0”: nel confronto, di fronte a un uomo stressato, vince la donna formosa che, secondo uno studio, appare agli occhi di lui come più matura e affidabile e, forse, anche più “consolatoria”, che dà sicurezza.
La donna formosa è dunque più ben vista dall’uomo sotto stress finanziario o lavorativo , ritengono gli psicologi londinesi dell’Università di Westminster che hanno condotto uno studio pubblicato su PLoS ONE.
Lo ritengono dopo aver reclutato 80 uomini sani, di peso normale, e di cui la metà sono stati sottoposti a stress per mezzo di un’intervista di gruppo piuttosto impegnativa e progettata in modo che li facesse sentire a disagio. L’altra metà del gruppo non ha subìto alcuna intervista stressante.
Dopo questa prima fase tutti i volontari sono stati invitati a osservare delle immagini di donne di varia taglia: dalla più piccola alla più grande, ossia da molto magra a obesa – con tutti i passaggi intermedi.
I risultati delle scelte hanno subito mostrato che tutti gli uomini tendevano a scartare gli estremismi, ovvero le troppo magre e le troppo grasse. Tuttavia, gli appartenenti al gruppo sottoposto a stress hanno mostrato una spiccata preferenza per le donne curvy, in carne. A differenza, i partecipanti del gruppo di controllo hanno mostrato di preferire le donne più magre.
Secondo il dottor Viren Swami e colleghi, la scelta per le donne formose può essere dettata dal senso di maggiore sicurezza che queste infondono e dalla possibilità che siano in grado di gestire meglio una crisi – che sia economica che di lavoro, finanche di relazione. Per cui i ricercatori ipotizzano che la dimensione del corpo possa fungere da importante segnale di maturità fisica e psicologica.
Secondo quanto mostrato nello studio, i ricercatori ritengono che le preferenze fisiche delle persone in fatto di partner possano cambiare a seconda delle circostanze. Questo processo lo chiamano “Ipotesi di Sicurezza Ambientale”, per cui una donna che presenti certe caratteristiche, a seguito di determinate situazioni, può comunicare attributi specifici ricercati dalla persona di sesso opposto in quel momento. Tra questi, la forza, il controllo e l’indipendenza.
Insomma, in un periodo d’incertezza per il futuro e crisi come questo le donne formose pare possano avere più possibilità di trovare il proprio partner, se ancora non ce l’hanno: non resta che mettersi in mostra.

INCONTRARSI A PRANZO CON L’EX SCATENA LA GELOSIA

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Stando a una ricerca uscita su PLos One, condividere il pasto con l’ex fa aumentare nel partner la percezione del rischio, suggerendo che sedersi a tavola insieme implichi anche qualcosa di più. Una situazione percepita come più intima da uomini e donne: è interessante, sottolineano infatti gli studiosi, che non siano state trovate differenze significative in termini di gelosia nei partecipanti allo studio di sesso maschile rispetto a quelli di sesso femminile.
Il dottor Kevin Kniffin insieme a Brian Wansink di Cornell University hanno analizzato le risposte di un gruppo di studenti universitari cui era stato chiesto di valutare il grado di gelosia di fronte a diverse ipotetiche occasioni di contatto fra ex partner. Risultato: pranzo e cena battono il caffè – anche se quello mattutino risulta comunque meno pericoloso di uno nel tardo pomeriggio, più allusivo – come  fattori scatenanti la gelosia, davanti a scambi di email o telefonici.
“Alla luce del fatto che la commensalità è parte del tessuto delle relazioni più intime fra le persone”, scrivono gli autori nel loro lavoro, “diventa chiaro che la pratica di mangiare insieme può avere un significato funzionale che va al di là del mero consumo di calorie”. Mangiare insieme, argomentano, implica componenti fisiche e sociali. “E il fatto che la commensalità al di fuori della coppia faccia scattare reazioni di gelosia porta a pensare che le persone riconoscono che mangiare insieme tenda a implicare, o a portare, a qualcosa che va al di là del solo cibo”.
Negli intervistati, il grado di “rodimento” è risultato quindi più elevato quando, incontrando l’ex, c’era di mezzo una tavola apparecchiata. Potenzialmente galeotta? Almeno su questo, uomini e donne sono d’accordo.

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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FA’ MALE AI RAPPORTI DI COPPIA DORMIRE POCO

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L’incomprensione tra due amanti può essere causata dalla scarsa qualità del sonno notturno.
Dormire poco e male vuol dire possedere meno energia e forza per mandare avanti una relazione con il risultato che i partner iniziano a sentirsi trascurati e poco amati. La scoperta è stata effettuata da un nuovo studio dell’Università della California.
Secondo la ricerca, chi dorme male è meno propenso ad apprezzare l’importanza dell’amore, a ringraziare il partner per la sua presenza e il suo affetto e tende di più a dare per scontato il rapporto sentimentale. Dormirci su e bene per evitare che la coppia scoppi è il consiglio del team di ricercatori californiani coordinato dalla psicologa Amie Gordon.
Lo studio è stato presentato al meeting annuale della Society for Personality and Social Psychologists a New Orleans. I risultati offrono una prova convincente del fatto che una notte di sonno cattivo riduce la sintonia e la sensibilità tra i partner, dimostrando che la qualità dell’amore è condizionata dalle ore di sonno reciproche di una coppia. Poco sonno significa, stando allo studio, più nervosismo e meno predisposizione ad apprezzare l’altro.

Dott. Roberto Cavaliere

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DIFFERENZA TRA ATTACCAMENTO E AMORE

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“… Già nelle prime fasi della relazione, dunque, cominciate a ricevere segnali contrastanti: lui (o lei) chiama, ma quando ne ha voglia; mostra interesse per voi, ma vi fa capire che si sta ancora guardando intorno. Insomma, vi tiene sulle spine. Ogni volta che vi arrivano questi messaggi contraddittori, il vostro sistema di attaccamento si mette in moto e cominciate ad essere in ansia per la relazione.
Poi, però, arriva un complimento o un gesto romantico che vi fa battere il cuore a mille e allora vi dite che, dopo tutto, è ancora interessato/a a voi: siete al settimo cielo. Purtroppo questa sensazione di beatitudine non è destinata a durare. In breve tempo i messaggi positivi ritornano a mescolarsi a quelli ambigui e di nuovo vi ritrovate in balia di un turbine di emozioni. A questo punto vivete col fiato sospeso, anticipando col pensiero quel piccolo gesto, quella parola che vi rassicurerà.
Dopo aver vissuto per un po’ questa situazione, cominciate a fare una cosa molto interessante: cominciate a scambiare l’ansia, le preoccupazioni, l’ossessione e quei brevissimi momenti di gioia per amore. Ciò che state facendo in realtà è confondere la passione con un sistema di attaccamento in azione. Se la cosa va avanti da un po’, è come se vi programmaste per venire attratti proprio da quegli individui che hanno le minori probabilità di rendervi felici. Avere un sistema di attaccamento perennemente attivo è il contrario di ciò che la natura aveva in mente per noi in termini di amore gratificante. Come si è visto una delle scoperte più importanti di Bowlby e Ainsworth è che per crescere e prosperare come esseri umani abbiamo bisogno di una base sicura da cui trarre forza e conforto. Perché ciò accada, il sistema di attaccamento deve essere calmo e sentirsi al sicuro. Ricordate: un sistema in azione non vuol dire passione.
La prossima volta che uscite con qualcuno e vi trovate in preda ad ansie, insicurezze e ossessioni – per sentirvi poi una volta ogni tanto euforici – dite a voi stessi che probabilmente si tratta del sistema di attaccamento in azione e non di amore! Il vero amore da un punto di vista evolutivo, significa pace mentale. Il detto “le acque tranquille scorrono profonde” è un bel modo per descrivere la cosa”

LEVINE, A., HELLER, R. (2012), Dimmi come ami e ti dirò chi sei, TEA, Milano.
www.maldamore.it

 

Dott. Roberto Cavaliere

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AMORE MATERNO

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Di seguito riporto un brano significativo dell’“Amore Materno”, tratto dal libro “L’arte di amare” di Erich Fromm.

 

“L’amore materno …è un’affermazione incondizionata della vita del bambino e dei suoi bisogni. Ma è necessario fare un’importante aggiunta a questa definizione. L’affermazione della vita del bambino ha due aspetti; uno è rappresentato dalle cure necessarie alla preservazione della vita e alla crescita del bambino. L’altro aspetto va oltre la pura e semplice conservazione: è l’attitudine che instilla nel bambino un amore per la vita, che gli dà questa sensazione: è bello essere vivi, è bello stare su questa terra! Questi due aspetti dell’amore materno sono espressi in modo molto semplice nella storia biblica della creazione. Dio crea il mondo e l’uomo. Ciò corrisponde alla semplice affermazione della esistenza. Ma Dio va oltre. Ogni giorno dopo che la natura, o l’uomo, sono stati creati, Dio dice: “È bello.” L’amore materno, in questo secondo giardino fa sentire al bambino che è bello essere nato; instilla nel bambino l’amore per la vita e non solo il desiderio di restare vivo. La stessa idea può essere applicata ad un altro simbolismo biblico. La terra promessa (terra è sempre simbolo di madre) è descritta come “traboccante di latte e di miele”. Il latte è il simbolo del primo aspetto dell’amore, quello per le cure e l’affermazione; il miele simboleggia la dolcezza della vita, l’amore per essa, e la felicità di sentirsi vivi. La maggior parte delle madri è capace di dare “latte”, ma solo una minoranza di dare anche “miele”. Per poter dare latte una madre non deve soltanto essere una “brava mamma”, ma una donna felice, e non tutte ci riescono. L’amore della madre per la vita è contagioso, così come lo è la sua ansietà; ambedue gli stati d’animo hanno un effetto profondo sulla personalità del bambino; si distinguono subito tra i bambini – e gli adulti – coloro che ricevono soltanto “latte” e coloro che ricevono “latte e miele”.

In contrasto con l’amore fraterno e con l’amore erotico, che sono amori sullo stesso piano, i rapporti della madre col bambino sono, per la loro stessa natura, su un piano diverso, in cui uno ha bisogno di aiuto, e l’altro lo dà. È per questo carattere altruistico che l’amore materno è stato considerato la più alta forma d’amore e il più sacro dei vincoli affettivi. Tuttavia la vera conquista dell’amore materno non sta solo nell’amore della madre per il neonato, ma nel suo amore per la creatura che cresce. In realtà, la grande maggioranza delle madri sono madri amorose finché il bambino è piccolo e completamente legato a loro. Quasi tutte le donne desiderano avere figli, sono felici coi loro piccoli e sono premurose con loro. E questo ad onta del fatto che non ” ottengono ” niente in cambio, tranne un sorriso o l’espressione soddisfatta nel viso del bambino. Sembra che questa forma d’amore sia radicata sia negli animali che nella razza umana. Ma, qualunque sia il peso di questo fattore istintivo, nell’amore materno hanno molta importanza alcuni fattori psicologici. Uno di questi è l’elemento narcisistico. Finché il neonato continua a far parte della madre, il suo amore e il suo attaccamento possono essere una soddisfazione al suo narcisismo. Un altro elemento può essere costituito dal bisogno di possesso della madre. Il bambino, essendo debole e completamente soggetto alla sua volontà, è un oggetto naturale di soddisfazione per una donna autoritaria e tirannica.

…Ma il bambino deve crescere. Deve emergere dal grembo materno; diventare un essere completamente indipendente. La vera essenza dell’amore materno è di curare la crescita del bambino, e ciò significa volere che il bambino si separi da lei. Qui sta la differenza con l’amore erotico. Nell’amore erotico, due persone distinte diventano una sola. Nell’amore materno, due persone che erano una sola, si scindono. La madre deve non solo tollerare, ma desiderare e sopportare la separazione del figlio. 16 solo a questo stadio che l’amore materno diventa un compito così difficile da richiedere altruismo, capacità di dare tutto senza chiedere niente e di non desiderare niente altro che la felicità dell’essere amato. È anche a questo stadio che molte madri falliscono nel loro compito. La narcisista, l’autoritaria, la tirannica può riuscire ad essere una madre “amorosa ” finché il bambino è piccolo. Solo la donna veramente ” amante “, colei che é più felice di dare che di ricevere, può essere una madre amorosa durante il processo di separazione del bambino.

L’amore materno per il bambino che cresce, amore fine a se stesso, è forse la forma d’amore più difficile a raggiungersi, ed è anche la più ingannevole, a causa della facilità con cui una madre ama la propria creatura. Ma proprio a causa di questa difficoltà, una donna può essere una madre veramente amorosa solo se può amare; se è capace di amare H proprio marito, altri bambini, il prossimo, tutti gli essere umani. La donna che è incapace di amare in questo modo, può essere una madre affettuosa finché il bambino è piccolo, ma non può essere una madre amorosa. La condizione per esserlo è la volontà di affrontare la separazione, e, anche dopo la separazione, la capacità di continuare a amare.”

Sempre tratto dallo stesso libro questo brano sulla concezione dell’ “altruismo materno”

“La natura dell’altruismo si manifesta in modo particolare nell’effetto che la madre ” altruista ” ha sui propri figli. È convinta che il suo altruismo insegnerà ai figli a provare che cosa significhi essere amati, e ad apprendere, a loro volta, che cosa significhi amare. L’effetto del suo altruismo, tuttavia, non corrisponde mai alle sue aspettative. I bambini non mostrano la felicità delle persone convinte di essere amate; sono tesi, timorosi del giudizio materno, e ansiosi di appagare le sue speranze. Di solito, sono colpiti dall’ostilità repressa della madre verso la vita, ostilità che essi sentono oscuramente, restandone spesso influenzati. Nell’insieme, l’effetto della madre “altruista” non è troppo diverso da quello della madre egoista anzi, spesso è peggiore, perché l’altruismo della madre impedisce ai figli di criticarla. Si sentono nell’obbligo di non deluderla; imparano, sotto la maschera della virtù, il disprezzo per la vita. Chiunque abbia possibilità di studiare l’effetto di una madre dotata di genuino amore per se stessa, può vedere che non c’è niente di più utile che dare a un bambino l’esperienza di ciò che è amore, gioia, felicità, che solo può ricevere il bambino amato da una madre che ama se stessa.”

 

Dott.ssa Rosalia Cipollina

RIFLESSIONI DI BOWLBY

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Tutti noi, dalla nascita alla morte siamo al massimo della felicità quando la nostra vita è organizzata come una serie di escursioni, lunghe o brevi, dalla base sicura fornita dalle nostre figure di attaccamento” (John Bowlby)

“(…) negli anatroccoli e nelle papere: nelle ore successive all’uscita dall’uovo i giovani uccelli seguono il primo oggetto in movimento che hanno percepito; non solo, ben presto giunge il momento in cui seguono solo l’oggetto già seguito in precedenza ed evitano tutti gli altri. Questo rapido apprendimento di un oggetto familiare e la successiva tendenza a seguirlo è noto come “imprinting”

…) si considera il comportamento di attaccamento come ciò che si manifesta quando sono attivati certi sistemi comportamentali. Si ritiene che i sistemi comportamentali stessi si sviluppino nel bambino, come risultato dell’interazione con il suo ambiente di adattamento evolutivo, e specialmente dell’interazione con la figura principale di tale ambiente. cioè la madre. Si ritiene che il cibo e la nutrizione non svolgano che una parte secondaria nel loro sviluppo (…

“(…) noi diamo talmente per scontato che l’agnello e la pecora stiano vicini e che un branco di anatroccoli si tenga stretto attorno alla madre che raramente ci chiediamo che cosa induce tali animali a stare vicini fra loro, che funzione ha questo loro comportamento”

…) il comportamento dei genitori reciproco al comportamento di attaccamento dei piccoli è chiamato “comportamento di custodia”

“(…) nelle specie in cui il padre ha una funzione importante nell’allevamento dei piccoli, il comportamento di attaccamento può essere diretto anche verso di lui. Negli uomini può essere diretto anche verso altre persone”

“(…) oggi sembra indiscutibile che il legame del bambino con la madre sia la versione umana del comportamento riscontrato comunemente in molte altre specie animali”

“Questi dati evidenziano che il piacere del contatto è una variabile importantissima nello sviluppo delle risposte affettive ai surrogati materni e che invece l’allattamento vi svolge un ruolo trascurabile. Con I ‘aumentare dell’età e delle occasioni d’imparare, un piccolo nutrito da una madre metallica fornita di biberon non si attacca più a lei, come si potrebbe prevedere in base alla teoria della pulsione secondaria., ma invece si attacca sempre più alla madre di stoffa che non lo allatta. Questi dati sono del tutto discordanti da una teoria dello sviluppo affettivo fondata sulla soddisfazione della pulsione”.

(…) secondo gli esperimenti di Harlow, l’unico effetto apparente del cibo è di rendere un simulacro di stoffa un po’ più attraente di un altro”

“(…) recenti lavori sperimentali dimostrano come uno dei modi più efficaci per aumentare le prestazioni di un bambino in qualunque compito che richieda discriminazione o abilità motoria consiste nel ricompensarlo con una risposta di saluto da parte di un altro essere umano”

“un bambino in castigo si succhia il pollice”, “un bambino separato dalla madre mangia eccessivamente”. “(…) in tali situazioni è possibile pensare al pollice e al cibo come a simboli della madre nella sua totalità, o per Io meno del capezzolo e del latte”

“Il comportamento di attaccamento non scompare con l’infanzia, bensì permane per tutta la vita: vengono scelte figure vecchie o nuove con le quali si mantengono la vicinanza o la comunicazione. Mentre i risultati dell’attaccamento sono sempre gli stessi, i mezzi per raggiungerlo si diversificano sempre più”

..) fin dai primissimi mesi la cosa migliore è lasciarsi guidare dal bambino stesso: quando richiede più cibo, probabilmente ne avrà beneficio: quando lo rifiuta, probabilmente non ne avrà danno. Purchè non abbia disturbi del metabolismo, un bambino. Se lo si lascia decidere, è in grado -di regolare la propria ingestione di cibo riguardo sia alla quantità sia alla qualità. Quindi, salvo poche eccezioni, una madre può tranquillamente lasciare a lui l’iniziativa.
Lo stesso vale per il comportamento di attaccamento specialmente nei primi anni. In una famiglia normale in cui sia la madre ad occuparsi del bambino, questi non subirà danni se la madre gli dedica la sua presenza e la sua attenzione nella misura in cui egli sembra desiderare: perciò per quanto riguarda le attenzioni materne come per quanto riguarda il cibo sembra che, se gli si permette di farlo sin dall’inizio, un bambino sia in grado di regolare in modo soddisfacente le proprie “entrate”. Solo quando raggiunge l’età scolare può essere opportuno scoraggiarlo dolcemente”

“… nel mondo occidentale quelli di gran lunga più comuni a mio avviso derivano da insufficienti cure materne, o da un maternage ricevuto da persone diverse, una dopo l’altra. I disturbi che derivano da un maternage eccessivo sono assai meno frequenti, e insorgono non perché il bambino ha un bisogno insaziabile di amore e di attenzione, ma perché la madre glieli propina come in preda a una coazione: se si osserva da vicino la madre che eccede nell’atteggiamento materno, si noterà che, invece di raccogliere i segnali che provengono dal bambino, è sempre lei a prendere l’iniziativa, insiste per stare vicino al bambino, per occuparne l’attenzione o per salvaguardarlo dal pericolo, così come la madre di un bambino iperalimentato insiste nel rimpinzarlo di cibo. Altri svariati disturbi del comportamento di attaccamento possono considerarsi dovuti non a eccesso o insufficienza di cure materne, ma a deviazioni nel tipo di cure che un bambino ha ricevuto o riceve”

(….) la capacità di usare il linguaggio e altri simboli, la capacità di progettare piani e di costruirsi Modelli, la capacità di collaborare durevolmente con altri oppure d’ingaggiarsi in contese senza fine, tutti questi tratti contribuiscono a caratterizzare l’uomo. Tutti questi processi hanno origine nei primi tre anni di vita, e inoltre fin dai primissimi giorni rientrano tutti nell’organizzazione del comportamento di attaccamento. Non ci sarebbero quindi altre cose da dire sullo sviluppo dell’organizzazione dell’attaccamento nel secondo e nel terzo annodi vita? Certamente sì, ma forse non molte di più. In realtà la fase meno studiata dello sviluppo umano rimane quella in cui un bambino acquista tutto ciò che lo rende più spiccatamente umano, e questo è ancora un continente da conquistare”

I1 modello delle figure di attaccamento e il modello dell’io si sviluppano in modo da essere complementari e da confermarsi a vicenda Così è facile che un bambino che non è stato desiderato non solo si senta non voluto dai genitori, ma pensi anche di essere essenzialmente poco desiderabile cioè di essere non voluto da tutti. Inversamente, un bambino molto amato crescerà facilmente non solo avendo fiducia nell’affetto dei suoi genitori. ma anche fiducioso che pure tutti gli altri lo troveranno amabile. Anche se logicamente sono insostenibili, queste grossolane ipergeneralizzazioni sono tuttavia la regola. Inoltre una volta che esse sono state adottate e si sono intessute entro le strutture dei modelli operativi, è facile che in seguito non verranno mai messe seriamente in dubbio”

(..) un bambino tra i 15 e i 30 mesi che abbia goduto d’un rapporto relativamente sicuro con la madre e non abbia subito precedenti separazioni da lei, reagisce di solito con una sequenza comportamentale prevedibile, che si può suddividere in tre fasi, a seconda dell’atteggiamento predominante nei riguardi della madre”

Bowlby J., Uno base sicura. 11 Mulino, Bologna, 1989

Bowlby J., Attaccamento e perdita, Boringhieri., Torino

 

Dott. Roberto Cavaliere

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LA RELAZIONE MADRE-BAMBINO COME MODELLO DELLA RELAZIONE DI COPPIA

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“La relazione del bambino con la madre è unica, senza paralleli, tale che una volta stabilita si mantiene inalterabile per tutta la vita come la prima e più forte relazione d’amore, e come il prototipo di tutte le successive relazioni d’amore, e questo è vero per entrambi i sessi (Freud)

 

Freud ha interpretato la relazione del bambino colla madre in termini di motivazione secondaria, vale a dire che essa è deputata a soddisfare i bisogni che gli psicanalisti definiscono primari: bisogni alimentari, di pulizia, sessuali (libido), aggressivi. La madre rappresenta l’oggetto sui cui il bambino può scaricare le tensioni provenienti dall’accumulo d’energia dei bisogni primari non soddisfatti.

Secondo tale teoria, quindi, la ricerca della vicinanza e dell’oggetto materno sarebbero finalizzate al soddisfacimento dei bisogni suddetti e non sarebbe un amore ‘gratuito’.

Le ricerche successive della teoria dell’attaccamento hanno ribaltato tale impostazione teorica.

Ha dato il via a tali ricerche H.Harlow, primatologo, che ha condotto una serie di esperimenti sui macachi che hanno un patrimonio genetico molto simile al nostro.

Un esperimento prevedeva che i piccoli macachi appena nati, venivano portati via dalle rispettive madri e rinchiusi individualmente in gabbie di ferro con allattamento al biberon. I piccoli sopravvivevano fra enormi disagi: diarrea, alterazioni del battito cardiaco, disturbi del sonno. Taluni arrivavano a morire mentre sopravvivevano meglio chi aveva trovato nella gabbia dei pezzi di stoffa che avvolgeva intorno al collo ed alla testa traendone conforto.

Successivamente vengono introdotti, in ogni gabbia, due sagome di scimmia, simili alla madre in due tipologie diverse: una composta di filo di ferro con annesso biberon ricolmo di latte, l’altra rivestita di panno morbido, ma mancante di biberon. I piccoli all’inizio interagivano con il simulacro materno di fil di ferro al fine di succhiare dal biberon, per poi trascorrere la maggior parte del tempo stretti al simulacro materno di panno morbido.

In variabili dell’esperimento in cui venivano introdotti oggetti che incutevano paura i piccoli si rifugiavano dalla madre morbida, abbracciandola al fine di trovare conforto.

Tali esperimenti ed altri hanno dimostrato che la soddisfazione dei bisogni primari come il cibo non è sufficiente alla sopravvivenza ma necessita di contatto e vicinanza con qualcosa di morbido, caldo, rassicurante, caratteristiche tipiche di una figura materna.

Anche indagini successive di Spitz sui bambini istituzionalizzati (in orfanatrofi o ospedali), quindi, privi di contatti materni hanno dimostrato come tali privazioni comportavano difficoltà ed ostacoli nella crescita e nello sviluppo.

Conclusioni: il bisogno d’affetto è forse ancora più importante di quello del cibo, permette di esistere ancor più dell’alimentazione.

 

Dott.ssa Rosalia Cipollina

L’ATTACCO AL LEGAME

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L’attacco al legame è una modalità che viene messa in atto all’interno di una relazione da parte di uno dei due partner.
Se uno dei due partner presenta forti tratti di ambivalenza affettiva (come i borderline o i bipolari) oscilla costantemente fra il ‘ti amo’ ed il ‘ti odio’, fra idealizzazione e svalutazione dell’altro e della relazione. Inoltre tale partner ha una profonda paura di legarsi perchè ha paura di soffrire se la relazione dovesse finire.
Ed ecco che periodicamente attacca il legame per non legarsi troppo, per evitare di amare, per non soffrire, sortendo gli effetti opposti a quelli prefissi. Infatti più ‘attacca’ e più si lega, più soffre, più aumenta la sua paura della separazione. Tutto questo si riverbera sull’altro partner che subisce l’attacco in maniera speculare. Diventa necessario prendere atto di tale modalità relazionale al fine di poterla superare.

 

Dott. Roberto Cavaliere

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