LE COPPIE CHE PARLANO NELLO STESSO MODO DURANO DI PIU’

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Le coppie che parlano nello stesso modo durano di più. Ad affermarlo è la rivista Psychological Science, secondo il quale la sovrapposizione di questo “linguaggio d’amore” è prova di maggiore compatibilità. Molly Ireland, psicologa dell’Università del Texas, ha messo a confronto il linguaggio di 40 uomini e 40 donne con un’età media 19 anni in una sessione di speed-dating, una specie di gioco delle coppie in cui in pochi minuti si va a caccia dell’anima gemella.
Ireland e colleghi hanno trascritto il contenuto delle conversazioni con un programma computerizzato per l’analisi dei testi, ponendo particolare attenzione alle cosiddette “parole vuote”, parti del discorso come articoli e preposizioni. A tutte le coppie è stato chiesto se volessero rivedersi dopo il primo appuntamento. I ricercatori hanno scoperto che quelle intenzionate ad rivedersi avevano, dal punto di vista verbale, molti più punti in comune degli altri.

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

IL MATRIMONIO E’ SEMPRE PIU’ FRAGILE

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Sono sempre più fragili e instabili le unioni «legali» in Italia. Nel 2011, secondo un report dell’Istat, benché il numero di separazioni e divorzi sia rimasto sostanzialmente stabile, i tassi di separazione e di divorzio in rapporto al numero di matrimoni hanno continuato il trend in ascesa che ormai si registra da 15 anni. L’interruzione dell’unione coniugale riguarda sempre di più anche i matrimoni di lunga durata e le coppie miste. In genere ci si separa consensualmente e se ci sono figli si opta per l’affido condiviso.
Nel 2011 le separazioni sono state 88.797 e i divorzi 53.806, rispettivamente +0,7% per le separazioni e -0,7% per i divorzi rispetto all’anno precedente. Rispetto al 1995 le separazioni sono aumentate di oltre il 68% e i divorzi sono praticamente raddoppiati. Questi incrementi, in un contesto in cui i matrimoni diminuiscono, secondo l’Istat sono imputabili a un effettivo aumento della propensione alla rottura dell’unione coniugale: se nel 1995 per ogni 1.000 matrimoni si contavano 158 separazioni e 80 divorzi, nel 2011 si arriva a 311 separazioni e 182 divorzi.
Le separazioni sono più frequenti al Nord: nel 2011 si va dal valore minimo di 232,2 separazioni per 1.000 matrimoni al Sud, al massimo osservato nel Nord-ovest (378,6 separazioni per 1.000 matrimoni). Gli incrementi più consistenti, però, si sono osservati nel Mezzogiorno, dove i valori sono più che raddoppiati (ad esempio, si è passati da 70,1 a 221,5 per 1.000 matrimoni in Campania e da 78 a 239,7 in Sicilia).
La durata media del matrimonio è di 15 anni per le separazioni e 18 anni per i divorzi. La decisione di lasciarsi riguarda sempre di più anche i matrimoni di lunga durata: rispetto al 1995 le separazioni decise dal venticinquesimo anno di matrimonio in poi sono cresciute di due volte e mezzo, mentre quelle al di sotto dei cinque anni sono aumentate molto meno. Aumenta dunque la quota delle separazioni riferite ai matrimoni di lunga durata (dall’11,3% del 1995 al 18,7% del 2011) e scende, in termini relativi, la quota di unioni interrotte precocemente, cioè entro i 5 anni di matrimonio (dal 24,4% del 1995 al 15,9% del 2011).
L’età media alla separazione è di circa 46 anni per i mariti e di 43 per le mogli; in caso di divorzio raggiunge rispettivamente 47 e 44 anni. Questi valori sono aumentati negli anni perché ci si sposa sempre più tardi e anche per la crescita delle separazioni con almeno un coniuge over 60.
In genere per dirsi addio si sceglie la formula consensuale: nel 2011 si sono concluse in questo modo l’84,8% delle separazioni e il 69,4% dei divorzi. La quota di separazioni giudiziali (15,2% il dato medio nazionale) è più alta nel Mezzogiorno (19,9%) e nel caso in cui entrambi i coniugi abbiano un basso livello di istruzione (21,5%).
Il 72% delle separazioni e il 62,7% dei divorzi hanno riguardato coppie con figli avuti durante il matrimonio. Il 90,3% delle separazioni di questo tipo ha previsto l’affido condiviso dei figli. Nel 19,1% delle separazioni è previsto un assegno mensile per il coniuge, nel 98% dei casi corrisposto dal marito: la quota è più alta al Sud e nelle Isole (24% e 22,1%), mentre nel Nord si attesta al 16%. Gli importi dell’assegno mensile sono, al contrario, mediamente più elevati al Nord (562,4 euro) che nel resto del Paese (514,7 euro). Nel 57,6% delle separazioni la casa è assegnata alla moglie, nel 20,9% al marito mentre nel 18,8% dei casi si prevedono due abitazioni autonome e distinte, ma diverse da quella coniugale.
L’instabilità riguarda anche i matrimoni fra italiani e stranieri. Nel 2005 sono state pronunciate 7.536 separazioni riguardanti «coppie miste» di coniugi (nel 2000 erano state 4.266), con un incremento del 76,7%. Successivamente, si è registrata una battuta d’arresto: nel 2011, le separazioni sono state 7.144. Quasi in sette casi su dieci, la tipologia di coppia mista che arriva a separarsi è quella con marito italiano e moglie straniera (o che ha acquisito la cittadinanza italiana in seguito al matrimonio), un dato che appare connesso con la maggiore propensione degli uomini italiani a sposare una cittadina straniera. In crescita anche i divorzi di coppie miste anche se l’entità del fenomeno è contenuta (4.213 nel 2011, pari al 7,8% del totale).

Dott. Roberto Cavaliere

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E’ PREMONITORE SOGNARE IL MARITO CHE TRADISCE

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Sognare il proprio partner nell’atto di un tradimento potrebbe indicare una crisi della relazione. Questo secondo un nuovo studio che ha valutato il valore predittivo dei sogni. I ricercatori dell’università di Maryland hanno chiesto a 61 partecipanti, di età compresa tra i 17 e i 42 anni, che frequentavano qualcuno da almeno sei mesi, di aggiornare un diario sui sogni e sulla relazione, in un periodo di due settimane.

I risultati hanno dimostrato che le immagini oniriche di gelosia e di discussioni provocavano conflitti tra la coppia il giorno dopo, mentre i sogni di infedeltà comportavano una riduzione del sentimento d’amore e riservatezza.
Commentando i risultati, il ricercatore Dylan Selterman ha dichiarato su Huffington Post: “molta gente non presta attenzione ai sogni e non sa quanto questi possano influire sul loro stato d’animo. Ora abbiamo le prove di questa associazione”. Durante la ricerca, i sogni sessuali volontari, invece, portavano benefici alla coppia, rendendola più intima.
Il dottor Selterman ha spiegato: “sappiamo che c’è una forte correlazione tra la soddisfazione sessuale e la soddisfazione del rapporto. Il sesso può essere bello o brutto in un sogno, nella stessa maniera di come può esserlo nella vita reale”. Selterman crede che queste correlazioni sono il risultato di un effetto psicologico, noto come “innesco” – l’idea che l’esposizione a stimoli esterni (luoghi, suoni e odori) riporta alcuni pensieri nella mente della gente.
Il dottore afferma: “i sogni hanno un valore predittivo. L’attività della persona cambia a seconda del sogno, che ha fatto la notte prima”.
La ricerca è stata pubblicata, all’inizio di questo mese, sulla rivista “Social Psychological and Personality Science”; ciò che ha indotto il dottor Selterman alla ricerca è stata una sua esperienza personale, con una ragazza del college, che si arrabbiò per il modo in cui si era comportato nel sogno.

Dott. Roberto Cavaliere

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LA PERCENTUALE DI TRADIMENTI DIMINUISCE COLLA DURATA DEL MATRIMONIO ?

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Pronunciando il fatidico sì davanti all’altare, si giura al proprio partner fedeltà eterna. Purtroppo però, come avviene per tanti altri tipi di promesse, non sempre e non tutti riescono a mantenerle. A questo proposito Gleeden.com, sito di incontri extraconiugali, ha condotto un sondaggio tra i suoi utenti che svela la tempistica dei tradimenti, ovvero quanto tempo dopo le nozze avvengono più o meno frequentemente, differenziando le infedeltà maschili da quelle femminili.

Ad essere intervistati sulle proprie relazioni extraconiugali sono stati 1565 italiani, uomini e donne, sposati e di età compresa tra i 24 e i 64 anni. Ma vediamo cosa è emerso…

Il primo anno di matrimonio il tasso di infedeltà è del 27% per gli uomini e del 21% delle donne. C’è però da considerare che tra coloro che tradiscono già al primo anno c’è un 35% che era stato infedele almeno una volta anche negli anni del fidanzamento.

Nel 2° e 3° anno di matrimonio il divario tra l’infedeltà maschile e quella femminile aumenta: il 36% degli uomini contro l’11% delle donne. Generalmente questo è il periodo in cui nasce il primo figlio, nuova situazione vissuta in maniera spesso diametralmente opposta dai due partner: le donne prese del nuovo arrivato trascurano un po’ il marito che così è costretto a rifugiarsi nelle braccia di qualcun’altra (o almeno questo è il luogo comune e la classica scusa utilizzata per giustificarsi!).

Tra il 3° e il 9° anno di matrimonio il tasso di infedeltà cresce esponenzialmente e non si registrano più grandi differenze tra uomini e donne. Il 58% degli intervistati uomini ha confessato uno o più tradimenti, per le donne invece la percentuale è del 46%.

Dal 9° al 25° anno, l’infedeltà si fa “seriale”, il tradimento è ormai una routine per il 49% degli intervistati uomini e per il 36% delle donne.

 

Fortunatamente dopo il 25° anno di matrimonio (ma chi ci arriva?) non si tradisce più, il tasso di infedeltà è solo del 13%: ovviamente il fatto è probabilmente da imputare ad un fattore di età.

fonte http://wellme.it/psicologia/vita-di-coppia/6320-tradimenti-infedelta-coniugale

 

Dott. Roberto Cavaliere

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NON ESISTE SOLO IL COLPO DI FULMINE

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Un esperimento condotto da un gruppo di scienziati americani dell’Hamilton College ha dimostrato che il colpo di fulmine non è affatto l’unico modo per trovare il partner della vita. La teoria degli studiosi è che dare tempo al tempo a volte paga, perché più ci si osserva e più ci si piace. E così, anche se magari non si viene colpiti da qualcuno al primo incontro, la stessa persona può iniziare a piacere al secondo sguardo. Al terzo sembrerà ancora più appetibile e al quarto si arriverà al top dell’entusiasmo. Il test – riferisce il ‘Daily Mail’ – è stato condotto su 22 giovani senza legami, maschi e femmine. I ricercatori hanno mostrato loro una serie di fotografie che ritraevano dei volti, ai quali i partecipanti dovevano assegnare un punteggio. Durante l’osservazione, inoltre, l’attività cerebrale dei volontari veniva registrata. Si è visto così che i punteggi attribuiti aumentavano con visioni successive dello stesso volto, mostrato in ordine diverso. E in corrispondenza dell’apprezzamento, il macchinario di monitoraggio disegnava un picco per due tipi di onde cerebrali.

LA FINE DI UN AMORE AI TEMPI DI FACEBOOK

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Come è difficile liberarsi di una storia ai tempi di Facebook. Non solo dal punto di vista tecnico ma soprattutto a livello psicologico, tutto è complicato dal famoso social network. E’ quanto dimostra una ricerca dell’University of California di Santa Cruz coordinata da Steve Whittaker e Corina Sas che hanno analizzato un piccolo ma significativo campione di persone tra i 19 e i 34 anni, attive su Facebook.

Una volta si cancellava il numero, si provava a frequentare posti e persone diverse e il tempo faceva tutto il resto. La fine di una storia, per quanto dolorosa e difficile, rimaneva una questione piuttosto privata. Con Facebook, è diverso. Durante la relazione si postano foto, video, commenti in bacheca che vengono letti e condivi da altri amici. E’ come se un grande diario della nostra vita si componesse nel mondo digitale.

A quel profilo, così com’è, noi leghiamo la nostra identità, e, secondo la ricerca, qualcosa di più: la nostra identità condivisa. Così, finita una storia, le tracce del nostro ex dovrebbero, a questo punto, sparire. E quindi tocca premere il famoso delete e togliere tutto. Ma si ha davvero il coraggio di farlo? No, tanti infatti non lo fanno, proprio perché questa memoria condivisa è troppo importante per lasciare spazio a un profilo scarno, non ‘riempito’ dall’amore. Così, anche se abbiamo deciso noi di troncare la storia, viene difficile cambiare anche la situazione sentimentale da impegnato/a a single.

Inoltre, chi cancella poi si pente. Infatti la ricerca dimostra che chi ha bloccato l’accesso ai contenuti del suo profilo Facebook all’ex e vicerversa, ci è rimasto molto male e dopo un po’ ha modificato queste impostazioni. Sì perché, anche se la storia è finita e si pensa di non avere più nulla da dire all’ex, in realtà, la curiosità morbosa, c’è sempre. Spiare quello che fa l’ex, guardare le foto che posta, capire con chi dialoga e dove và.

 

Gli autori della ricerca sono molto critici nei confronti dei cuori infranti. Secondo loro, mantenere questo livello voyeuristico non fa bene né a loro né agli ex. Piuttosto si dovrebbe, magari gradualmente, allontanarsi anche digitalmente dall’ex e poi definitivamente. E’ importante insomma segnare la parola fine anche da utente di Facebook, anche davanti a tutti gli amici. Un modo vero per terminare la storia, in un mondo come quello di Facebook che, a volte, di vero sembra abbia davvero poco.

fonte http://www.wellme.it/psicologia/vita-di-coppia/6398-facebook-ex-fidanzati

 

Dott. Roberto Cavaliere

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