DISTURBI PSICHIATRICI E PROBLEMATICHE AFFETTIVE

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Troviamo diverse analogie fra alcune delle problematiche trattate dal sito e i disturbi diagnosticati dal DSM-IV-TR (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fourth Edition, Text Revision. Edizione Italiana: Masson, Milano.). Riporto le varie categorie diagnostiche interessate, a mio parere, al solo scopo informativo e non certo per volere “patologicizzare” le problematiche affettive e relazionali

 

DISTURBO D’ANSIA DI SEPARAZIONE

I criteri diagnostici per il Disturbo d’Ansia di Separazione sono i seguenti:

Ansia inappropriata rispetto al livello di sviluppo ed eccessiva che riguarda la separazione da casa o da coloro a cui il soggetto è attaccato, come evidenziato da tre (o più) dei seguenti elementi:

  1. malessere eccessivo ricorrente quando avviene la separazione da casa o dai principali personaggi di attaccamento o quando essa è anticipata col pensiero
  2. persistente ed eccessiva preoccupazione riguardo alla perdita dei principali personaggi di attaccamento, o alla possibilità che accada loro qualche cosa di dannoso
  3. persistente ed eccessiva preoccupazione riguardo al fatto che un evento spiacevole e imprevisto comporti separazione dai principali personaggi di attaccamento (per es., essere smarrito o essere rapito)
  4. persistente riluttanza o rifiuto di andare a scuola o altrove per la paura della separazione
  5. persistente ed eccessiva paura o riluttanza a stare solo o senza i principali personaggi di attaccamento a casa, oppure senza adulti significativi in altri ambienti
  6. persistente riluttanza o rifiuto di andare a dormire senza avere vicino uno dei personaggi principali di attaccamento o di dormire fuori casa
  7. ripetuti incubi sul tema della separazione
  8. ripetute lamentele di sintomi fisici (per es., mal di testa, dolori di stomaco, nausea o vomito) quando avviene od è anticipata col pensiero la separazione dai principali personaggi di attaccamento.
  1. La durata dell’anomalia è di almeno 4 settimane.
  2. L’esordio è prima dei 18 anni.
  3. L’anomalia causa disagio clinicamente significativo o compromissione dell’area sociale, scolastica (lavorativa), o di altre importanti aree del funzionamento.
  4. L’anomalia non si manifesta esclusivamente durante il decorso di un Disturbo Pervasivo dello Sviluppo, di Schizofrenia, o di un altro Disturbo Psicotico e, negli adolescenti e negli adulti, non è meglio attribuibile ad un Disturbo di Panico con Agorafobia

 

DISTURBO DELIRANTE

Nella sezione del disturbo delirante troviamo, secondo il DSM IV, i seguenti disturbi

Deliri non bizzarri (cioè, concernenti situazioniche ricorrono nella vita reale, come essere inseguito, avvelenato, infettato, amato a distanza, tradito dal coniuge o dall’amante, o di avere una malattia) che durano almeno un mese.

    1. Il Criterio A per la Schizofrenia non è risultato soddisfatto.
      Nota: Nel Disturbo Delirante possono essere presenti allucinazioni tattili o olfattive se sono correlate al tema delirante.
    2. Il funzionamento, a parte per quanto consegue al(ai) delirio(i), non risulta compromesso in modo rilevante, e il comportamento non è eccessivamente stravagante o bizzarro.
    3. Se gli episodi di alterazione dell’umore si sono verificati in concomitanza ai deliri, la loro durata totale è stata breve relativamente alla durata dei periodi deliranti.
    4. Il disturbo non è dovuto agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (per es., una sostanza di abuso, un farmaco), o a una condizione medica generale.

Il tipo di Disturbo Delirante è definito in base al tema delirante prevalente:

  • Tipo Erotomanico: convinzione delirante che un’altra persona, generalmente di rango superiore, sia innamorata del soggetto.
  • Tipo di Grandezza: convinzione delirante del soggetto di avere un esagerato valore, potere, conoscenze, o una speciale identità, o una speciale relazione con una divinità o con una persona famosa.
  • Tipo di Gelosia: convinzione delirante del soggetto che il proprio partner sessuale sia infedele.
  • Tipo di Persecuzione: convinzione delirante del soggetto di essere in qualche modo trattato male (lui stesso o qualche persona intima).
  • Tipo Somatico: convinzione delirante del soggetto di avere un qualche difetto fisico o malattia.
  • Tipo Misto: convinzioni deliranti caratteristiche di più di uno dei tipi sopra menzionati, ma senza prevalenza di alcun tema.
  • Tipo Non Specificato.

 

DISTURBO DIPENDENTE DI PERSONALITÀ

I criteri diagnostici per questo tipo di disturbo sono i seguenti:

A Una situazione pervasiva ed eccessiva di necessità di essere accuditi, che determina comportamento sottomesso e dipendente e timore della separazione, che compare nella prima età adulta ed è presente in una varietà di contesti, come indicato da cinque (o più) dei seguenti elementi:

  1. ha difficoltà a prendere le decisioni quotidiane senza richiedere una eccessiva quantità di consigli e rassicurazioni
  2. ha bisogno che altri si assumano le responsabilità per la maggior parte dei settori della sua vita
  3. ha difficoltà ad esprimere disaccordo verso gli altri per il timore di perdere supporto o approvazione.
    Nota:Non includere timori realistici di punizioni
  4. ha difficoltà ad iniziare progetti o a fare cose autonomamente (per una mancanza di fiducia nel proprio giudizio o nelle proprie capacità piuttosto che per mancanza di motivazione o di energia)
  5. può giungere a qualsiasi cosa pur di ottenere accudimento e supporto da altri, fino al punto di offrirsi per compiti spiacevoli
  6. si sente a disagio o indifeso quando è solo per timori esagerati di essere incapace di provvedere a se stesso
  7. quando termina una relazione stretta, ricerca urgentemente un’altra relazione come fonte di accudimento e di supporto
  8. si preoccupa in modo non realistico di essere lasciato a provvedere a se stesso.

 

DISTURBO BORDERLINE DI PERSONALITÀ

I criteri diagnostici per questo tipo di disturbo sono i seguenti: 

A Una modalità pervasiva di instabilità delle relazioni interpersonali, dell’immagine di sé e dell’umore e una marcata impulsività, comparse nella prima età adulta e presenti in vari contesti, come indicato da cinque (o più) dei seguenti elementi:

  1. sforzi disperati di evitare un reale o immaginario abbandono.
    Nota:Non includere i comportamenti suicidari o automutilanti considerati nel Criterio 5.
  2. un quadro di relazioni interpersonali instabili e intense, caratterizzate dall’alternanza tra gli estremi di iperidealizzazione e svalutazione.
  3. alterazione dell’identità: immagine di sé e percezione di sé marcatamente e persistentemente instabili.
  4. impulsività in almeno due aree che sono potenzialmente dannose per il soggetto, quali spendere, sesso, abuso di sostanze, guida spericolata, abbuffate).
    Nota:Non includere i comportamenti suicidari o automutilanti considerati nel Criterio 5.
  5. ricorrenti minacce, gesti, comportamenti suicidari, o comportamento automutilante.
  6. instabilità affettiva dovuta a una marcata reattività dell’umore (per es., episodica intensa disforia, irritabilità o ansia, che di solito durano poche ore, e soltanto raramente più di pochi giorni).
  7. sentimenti cronici di vuoto.
  8. rabbia immotivata e intensa o difficoltà a controllare la rabbia (per es., frequenti accessi di ira o rabbia costante, ricorrenti scontri fisici).
  9. ideazione paranoide, o gravi sintomi dissociativi transitori, legati allo stress.

 

DISTURBO NARCISISTICO DI PERSONALITÀ
I criteri diagnostici per questo tipo di disturbo sono i seguenti:

A Un quadro pervasivo di grandiosità (nella fantasia o nel comportamento), necessità di ammirazione e mancanza di empatia, che compare entro la prima età adulta ed è presente in una varietà di contesti, come indicato da cinque (o più) dei seguenti elementi:

  1. ha un senso grandioso di importanza (per es., esagera risultati e talenti, si aspetta di essere notato come superiore senza una adeguata motivazione)
  2. è assorbito da fantasie di illimitati successo, potere, fascino, bellezza, e di amore ideale
  3. crede di essere “speciale” e unico, e di dover frequentare e poter essere capito solo da altre persone (o istituzioni) speciali o di classe elevata
  4. richiede eccessiva ammirazione
  5. ha la sensazione che tutto gli sia dovuto, cioè, la irragionevole aspettativa di trattamenti di favore o di soddisfazione immediata delle proprie aspettative
  6. sfruttamento interpersonale, cioè, si approfitta degli altri per i propri scopi
  7. manca di empatia: è incapace di riconoscere o di identificarsi con i sentimenti e le necessità degli altri
  8. è spesso invidioso degli altri, o crede che gli altri lo invidino

mostra comportamenti o atteggiamenti arroganti e presuntuosi.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

DEPRESSIONE E MAL D’AMORE

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L’alternanza tra stati euforici (quando si è vicini alla persona amata) e disforici (quando ci si separa) ricorda molto da vicino quanto accade nel disturbo bipolare dell’umore. Ancora più evidente e documentato è il legame tra amore non ricambiato e depressione clinica. La semplice separazione dalla persona amata provoca normalmente perdita di appetito, difficoltà di concentrazione, insonnia, perdita di interesse per le attività quotidiane: tutti sintomi comuni nella depressione. Le statistiche sui suicidi indicano nella depressione e nelle delusioni amorose due dei maggiori fattori di rischio. Le stesse fasi di una delusione amorosa (reazione violenta, disperazione, distacco emotivo) somigliano al decorso di una depressione, in cui la totale apatia è spesso lo stadio finale che precede il suicidio.

Ritengo che, in un soggetto reduce dalla fine di un amore o di una relazione, potrebbero essere presenti i seguenti sintomi tipici dei distrubi depressivi:

  • un persistente umore triste o irritabile;
  • importanti variazioni nelle abitudini del dormire, dell’appetito e del movimento;
  • difficoltà nel pensare, della concentrazione, e della memoria;
  • mancanza di interesse o piacere nelle attività che invece prima interessavano;
  • sentimenti di colpa , di inutilità, mancanza di speranze e senso di vuoto;
  • pensieri ricorrenti di morte o di suicidio;
  • sintomi fisici persistenti che non rispondono alle cure come mal di testa, problemi di digestione, dolori persistenti e generalizzati.

La stessa depressione potrebbe essere causa e non sintomo della fine di una relazione.

Dott. Roberto Cavaliere

TESTIMONIANZE

menesia Età: 50 Caro Dottore, ho appena riletto un pezzo della mia vita che un giorno le raccontai, e ho anche letto i commenti, e con grande conforto che noi dipendenti dell amore si crea un legame morale intenso, ci comprendiamo perchè conosciamo i picchi del dolore. i crolli le reazioni, e quei comportamenti che la parte razionale rifiuta mentre il cuore li subisce perche le scrivo? bhè crollai anche quella volta per poi riprendermi,senza riprendermi veramente mai, mi sono illusa di aver superato senza averlo veramente fatto maiperchè posso fare tutto, cambiare cellulare, sfinirmi in palestra, fare un corso di cinese,,,,,,,o scalare una montagna….alla fine basta una sola frase e click scatta quella molla che mi catapulta vicino a lui ho fatto veramente di tutto in questi ultimi mesi, per dimenticar, per superare, per reagire ma mi rendo conto che sono dipendente e che quando lui mi cerca questo mi fa sentire amata, perchè come diceva lei nella sua risposta io ci leggo amore…..ma ora sono cambiata nel senso che ho smesso di aspettare o meglio nonspero di vivere con lui…….ma la cosa grave è che ora ho ricominciato senza una precisa ragione nel bel mezzo di questa fase a piangere a dirotto, e poi a soffrire come un cane, un dolore che mi soffoca, e mentre mangio mi sento soffocare,,,,,,sto malissimopace guerra un meccanismo perverso che mi logora la mente eppure so che è tutto falsoda dove ricomincio? e come ? veramente sono senza forze le ho esaurite e non so quale direzione prendere….ce la faro mi dico ma come mi chiedo? e le mie letture preferite sono le storie delle altre la categoria amante che io detesto e nonriesco a vivere ed è li che nasce il mio dolore……..sono ricaduta nella depressione anche se ora pero la combatto,esco, parlo faccio sport…..ma quel tarlo mi uccide.

madre58 Età: 50 Egr.Dottore,cosa può fare una madre quando sà in cuor suo che la causa della depressione di sua figlia è il rapporto sbagliato che ha con il suo compagno? Vivono insieme da circa dieci anni. Circa tre mesi fà lo ha lasciato ma poi è ritornata da lui con il pretesto che dieci anni di vita insieme non si possono concellare con un colpo di spugna. Sono molto preoccupata perchè appena ritornata insieme è ricaduta nella depressione che ora sta curando con l’aiuto di farmaci e di una psicoterapeuta.Come familiare cosa posso fare oltre che donarle amore incondizionato in questo momento così delicato della sua esistenza?

Età: 42 Sono una giovane donna di 42 anni. E’ da circa due anni che frequento una persona che mi sta distruggendo. Arrogante, presentuoso, mi prende e mi lascia a suo piacimento. Nonostante ciò mi basta una sua telefonata e mi passa tutta la rabbia che ho nei suoi confronti. Mi sono anche ammalata di depressione per colpa sua, ma nonostante ciò lui non cambia il suo carattere ed io la mia dipendenza distruttiva. Questo non è amore da parte mia, ma è pazzia.La prego mi aiuti.GrazieMaria

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

DISTURBO DIPENDENTE DI PERSONALITA’

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Due persone possono andare d’accordissimo, parlare di tutto ed essere vicine. Ma le loro anime sono come fiori, ciascuno ha la sua radice in un determinato posto e nessuno può avvicinarsi troppo all’altro senza abbandonare la sua radice, cosa peraltro impossibile. I fiori effondono il loro profumo e spargono il loro seme perché vorrebbero avvicinarsi, ma il fiore non può fare niente perché il seme giunga nel posto giusto; tocca al vento che va e viene come vuole. ( Herman Hesse – Knulp, storie di un vagabondo )

 

Nel corso di quest’articolo vedremo come le persone con problematiche di dipendenza affettiva e relazionale hanno, spesso, caratteristiche in comune con le persone affette da disturbo dipendente di personalità. Per definire tale disturbo citiamo il DSM-IV (il Manuale Statistico Diagnostico dei Disturbi Psichiatrici) che descrive il disturbo come: “una situazione pervasiva ed eccessiva di necessità di essere accuditi, che determina comportamento sottomesso e dipendente e timore della separazione, che compare nella prima età adulta ed è presente in una varietà di contesti, come indicato da cinque (o più) dei seguenti elementi:”

1) la persona ha difficoltà a prendere le decisioni quotidiane senza richiedere un’eccessiva quantità di consigli e rassicurazioni

2) ha bisogno che altri si assumano la responsabilità per la maggior parte dei settori della sua vita

3) ha difficoltà ad esprimere disaccordo verso gli altri per il timore di perdere supporto o approvazione (nota per il clinico: non vanno inclusi timori realistici di punizioni)

4) ha difficoltà ad iniziare progetti o a fare cose autonomamente (per una mancanza di fiducia nel proprio giudizio o nelle proprie capacità piuttosto che per mancanza di motivazione od energia)

5) può giungere a qualsiasi cosa pur di ottenere accudimento e supporto da altri, fino al punto di offrirsi per compiti spiacevoli

6) si sente a disagio e indifeso quando è solo per timori esagerati di essere incapace a provvedere a se stesso

7) quando termina una relazione stretta ricerca urgentemente un’altra relazione come fonte di accudimento e di supporto

8) si preoccupa in modo non realistico di essere lasciato a provvedere a se stesso.

Le persone affette da questo disturbo, al pari dei dipendenti affettivi, desiderano, generalmente, una relazione “simbiotica” con chi è in grado di proteggerli dal “resto del mondo” e di prendersi cura di loro. Questo li porta a scegliersi partner con caratteri forti, che assumono nei loro confronti comportamenti di controllo e di dominio. Egli tende a richiedere rassicurazioni e conferme e tende a vivere qualsiasi gesto di allontanamento, se pur minimo, come un possibile e doloroso abbandono. Le persone dipendenti hanno un’idea di sé pervasa dalla paura di essere sbagliate, inadeguate, incompetenti, che le rende insicure e con una bassa valutazione del proprio valore e della propria efficacia. Questa convinzione rinforza la paura di essere abbandonati, sensazione che aumenta la percezione di fragilità e vulnerabilità. Tale dipendenza relazionale, pur rappresentando un equilibrio personale, nel tempo è dannoso per il soggetto dipendente, che sacrifica sé stesso in funzione della relazione e che, paradossalmente, finisce spesso per essere lasciato, in quanto “noioso e seccante” e non degno di stima agli occhi del partner, sortendo, così, l’effetto opposto a quello propostosi.

Finora abbiamo visto le caratteristiche in comune. Vediamo adesso quale le possibili differenze. Nella persona affetta da tale forma di disturbo la dipendenza è poco “affettiva” è molto “relazionale”. Vale a dire, manca un autentico sentimento, che invece è presente, anche se in una forma “sbagliata” nella dipendenza affettiva. Inoltre le persone con disturbo dipendente accettono, senza reagire, che gli altri gestiscano aspetti della sua vita a differenza dei dipendenti affettivi che di rado permettono ciò, o lo permettono solo alla persona da cui dipendono.

Sempre nei soggetti con tale disturbo se la relazione dipendente finisse, c’è la tendenza immediata a trovare subito una nuova figura affiliativa con cui ristabilire un legame dipendente. Nella “dipendente affettivo”, invece, c’è la tendenza a rimanere “fissato” a lungo nella precedente relazione con la speranza di recuperarla.

Come si vede il confine è sottile e molteplici i punti in comune, ma allo stesso tempo non è possibile operare facili generalizzazioni fra le due problematiche.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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AMORE OSSESSIVO NON CORRISPOSTO: EROTOMANIA E SINDROME DI DE CLERAMBAULT

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Un uomo che avesse una teoria riguardo a una forma patologica di amore e che le avesse dato il proprio nome, come uno sposo all’altare, doveva di certo poter rivelare, magari suo malgrado, qualcosa sulla natura dell’amore in sé. Perché esistesse una patologia, doveva esserci un concetto implicito di amore sano. La sindrome di De Clérambault era l’oscuro specchio deformante nel quale si rifletteva alterato il mondo radioso di amanti il cui sconsiderato abbandono era considerato sano. tratto da “L’amore fatale” di Ian McEwan

 

L’amore ossessivo non corrisposto, viene oggi definito, in psichiatria, erotomania o sindrome di de Clérambault e la sua caratteristica principale è una fissazione amorosa non corrisposta.

In psichiatria, l’erotomania è uno stato delirante connotato dalla convinzione del soggetto che ne è affetto di essere corrisposto in una relazione amorosa appassionata da una persona che non ha mai manifestato un tale interesse. Possono essere presenti anche altri contenuti deliranti di tipo persecutorio o rivendicativo.

In una variante di questo delirio, il presunto amante è una persona famosa; questa variante viene chiamata sindrome di de Clerambault, dallo psichiatra francese De Clerambault (1872–1934), che nel 1921 pubblicò un trattato sull’argomento (Les psychoses passionelles). Sarebbero affette, da questa sindrome prevalentemente donne, irresistibilmente attratte da uomini con una posizione sociale più elevata o rispettata, perfino personaggi pubblici o celebrità. Nella sua forma pura, riferiscono gli esperti, la sindrome di de Clérambault non ha sicuramente una frequenza elevata. Uno dei casi storici riportati da de Clérambault è quello di una donna francese di 53 anni convinta che il re Giorgio V d’Inghilterra l’amasse: e che il sovrano comunicasse con lei attraverso spostamenti delle tende dietro le finestre di Buckingham Palace, interpretati come enigmatici messaggi d’amore.

Già nell’antichità, autori come Ippocrate, Plutarco e Galeno fecero riferimenti a casi oggi classificabili come erotomania. Il primo riferimento a questa sindrome nella letteratura psichiatrica si trova nel trattato Maladie d’amour ou mélancolie érotique di Jacques Ferrand (1623).

Nel linguaggio comune, il termine “erotomania” viene usato in modo improprio anche per riferirsi a atteggiamenti ossessivi in campo amoroso o sessuale.

La convinzione di essere amati segretamente da qualcuno, che definisce l’erotomania, è spesso accompagnata da un sistema di false credenze collegate a quella principale. Quasi invariabilmente, il “malato” è convinto che sia stato l’altro a innamorarsi e a dichiararsi per primo, e che tale dichiarazione sia troppo sottile perché gli altri possano coglierla, oppure venga inviata nella forma di un messaggio cifrato che soltanto il soggetto può comprendere. Una volta che il “soggetto” ha etichettato come amoroso il comportamento dell’oggetto, lei (o lui) ricambierà il sentimento. Se viene respinto, escogiterà delle ragioni per spiegare (o scusare) il comportamento dell’oggetto. Spesso queste giustificazioni risultano diabolicamente complesse, ma in definitiva permettono al soggetto di continuare a credere nell’amore dell’oggetto. Si tratta di un’efficace forma di difesa, in grado di ridurre alla completa impotenza qualsiasi rifiuto, per quanto esplicito ed estremo. A parte la loro fissazione amorosa di fondo, per tutto il resto i pazienti erotomani o della sindrome di “de Clérambault” si comportano in modo normale.

In casi più conclamati, il paziente può essere convinto che il suo presunto amante comunichi con lui con messaggi nascosti, come particolari posture del corpo oppure (nel caso si tratti di una persona famosa) attraverso indizi inviati attraverso i media. In genere, l’oggetto del delirio erotomane non ha alcuna particolare relazione con la persona affetta da questa sindrome, e in alcuni casi può persino trattarsi di un personaggio immaginario.

L’erotomania può essere un sintomo di altre patologie mentali, come la schizofrenia. I casi più gravi possono portare a un comportamento penalmente perseguibile da parte del paziente, che può per esempio adottare comportamenti configurabili come molestia.

Nel caso delle molestie il molestatore ha la convinzione morbosa di essere amato e mantiene tale credenza benché il molestato non faccia nulla per incoraggiarla o mantenerla; al contrario, se ne ha la possibilità, il molestato cerca di chiarire l’equivoco senza esito positivo, perché le sue parole e azioni sono reinterpretate dal molestatore come conferma della reciprocità dell’interesse.

Erotomania ed amore romantico

Sotto molti aspetti, “l’amore erotomaniaco” ha tutte le caratteristiche di un amore romantico. E’ instancabile. Non si lascia scoraggiare dalle differenze sociali o culturali. E’ un amore trascendente, mistico e voluto dal destino che può superare qualsiasi ostacolo. Non solo, ma persino le caratteristiche più fastidiose dell’erotomania corrispondono, più o meno, all’esperienza dell’amore “normale”. Può darsi che le persone normali non ricorrano a “pedinamenti” in senso stretto, ma se sono innamorate moltissime manifesteranno un comportamento che rientra in quella gamma, come fare in modo di trovarsi in un certo posto a una certa ora per aumentare le probabilità di un incontro “fortuito”. Nel caso si venga respinti, non è raro distorcere la realtà a scopo di difesa psicologica: «Mi rifiuta perché è presa da altro. Sono certo che in realtà mi ama. Le riparlerò tra qualche giorno».

È possibile allora che quello che gli psichiatri indicano come una malattia mentale sia in realtà soltanto un eccesso di amore romantico? E’ arduo rispondere perché labile il confine fra i due tipi d’amore ed andrebbero prese in considerazioni variabili individuali, ambientali e situazionali. O come afferma lo scrittore McEwan « Nella malattia si capisce meglio anche il comportamento sano».

Proprio questo scrittore descrive un caso di erotomania nel romanzo “L’amore fatale” incentrato sul delirio sentimentale del giovane Jed Parry.

Un pallone aerostatico che precipita imprevedibilmente su un prato nella campagna inglese, un incidente quindi fatale, scatena nel giovane quella patologia che è stata descritta dallo psichiatra De Clérambault . Jed si convince di dover amare un perfetto estraneo, lo scrittore scientifico Joe Rose, e di esserne ricambiato: ma Joe che ha una compagna che ama e dalla quale è riamato respinge il sentimento omosessuale di Jed, con ciò innescando la spirale di una persecuzione che porterà inevitabilmente ( nel romanzo) ad una fine violenta.

Infatti lo scrittore immagina il finale del delirio erotomaniaco violento ed irruento: Jed segue infatti fino in fondo il delirante « io amo te, tu non ami me, io odio te » .

L’innamoramento, secondo McEwan (e non solo lui) è sempre un’esperienza estrema, un atto irragionevole: « Quando ci si innamora sostiene lo scrittore scozzese, l’altro diventa un’ossessione: non si dorme, non si mangia, non si pensa ad altro » .

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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DISTURBO BORDERLINE DI PERSONALITA’ E RELAZIONE CON BORDERLINE

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Il disturbo bordeline di personalità è secondo il DSM IV un disturbo di personalità, cioè un disagio che investe le aree più importanti della vita di una persona, essendo insito nella personalità del paziente. E’ un disturbo molto diffuso, circa il 3% della popolazione ne soffre, con prevalenza nel sesso femminile e si sviluppa generalmente nell’infanzia o in adolescenza con un decorso solitamente cronico.
E’ soprattutto la la dimensione affettivo relazionale di chi ne è affetto ad esserne investita. Infatti i bordeline non riescono a stabilire rapporti affettivi profondi e stabili nel tempo, a causa di una mancanza d’identità che li spinge a creare rapporti problematici e distruttivi, soprattutto per chi entra in contatto con loro.
Nel soggetto bordeline l’immagine di sè varia rapidamente, con continui e repentini cambiamenti dei loro valori, delle aspirazioni, degli obiettivi che si pongono. I progetti di lavoro, i partners e gli amici che scelgono, persino la loro identità sessuale possono essere diversi nel corso della stessa giornata. Il loro tratto distintivo è l’impulsività: spendono molto, cambiano spesso partner sessuale, di frequente abusano di sostanze stupefacenti, giocano d’azzardo, guidano in maniera spericolata, ingeriscono grandi quantità di cibo, manifestano una rabbia intensa e immotivata che li spinge a coinvolgersi in litigi di vario tipo. Il tutto per colmare un’enorme voragine, un sentimento di vuoto senza tregua a cui non riescono a dare un senso. Fra gli atti estremi si può essere anche il suicidio.
A questo disturbo si associano spesso problematiche di ansia, instabilità dell’umore che va dal depresso al maniacale, timori ipocondriaci e, in situazioni di particolare stress emotivo. Possono essere presenti anche sintomi psicotici transitori, quali deliri paranoidi o idee bizzarre e inusuali.
Ma come già detto è soprattutto l’aspetto relazionale a risentirne maggiormente di tale disturbo. Chi stabilisce una relazione intima con un borderline, sia esso un amico, un partner o un genitore, vengono trascinati in un vortice di emozioni contrastanti che oscillano tra la rabbia e il senso di colpa, in un continuo circolo vizioso difficile da chiudere.
Da premettere che il borderline non si rende conto delle sue modalità inaccettabili e del male che sta facendo alla persona cara. Quasi sempre, non è consapevole di avere un problema.
Un borderline sceglie solitamente le persone a cui legarsi tra quelle più fragili, o molto legate a loro da vincoli di affetto (la madre, una persona che li ama); quindi li attira a sè: può sedurli mostrandosi molto amorevole, dimostrando sentimenti esagerati che non prova, drammatizza eventi e aspetti della sua vita al fine di manipolare chi gli si avvicina, cambia repentinamente umore e opinioni.
Quando un’altra persona si lega a lui, il borderline lo idealizza e lo fa sentire l’essere più importante del mondo; contemporaneamente gli fa il vuoto intorno, allontanando tutte le persone significative per l’altro in modo da tenerlo solo per lui, anche con la menzogna e l’inganno. Già nei primi incontri il borderline fa al partner richieste assurde: gli chiede di trascorrere molto tempo insieme, di fare cose e progetti destinate a coppie di lunga data. E l’altro, inizialmente gratificato dall’adorazione che riceve dal borderline, cade nella rete. Quando poi comincia a vedere le prime incongruenze e si ribella, incontra la protesta del borderline che continuando a manipolarlo lo fa sentire talmente in colpa da spingere l’altro a tornare sui suoi passi e a biasmarsi. Dall’idealizzazione il borderline passa alla svalutazione più estrema: la minima disattenzione del partner spinge il paziente ad accusare l’altro di trascurarlo, di non essere abbastanza presente, di averlo abbandonato. Così per il partner del borderline, s’instaura un’altalena di sentimenti che lo fa dondolare tra la rabbia e il senso di colpa, sempre più isolato dagli altri e incapace di uscire dalla trappola: è la co-dipendenza.
Il borderline farebbe di tutto per evitare l’abbandono, perchè sente che non può tenersi in piedi senza una persona cara che si prenda cura di lui. Sono gli altri a dare senso alla sua vita. Se il partner di un borderline paventa una separazione anche breve il borderline manifesta un’angoscia devastante o un furore disperato, fino a minacciare o a mettere in atto comportamenti eteroaggressivi o autoaggressivi come farsi del male in vario modo o tentativi di suicidio. Vivere sereni con un borderline è pressochè impossibile: il partner dovrebbe essere a disposizione sempre, non criticarlo mai e sottostare a regole rigide e inaccettabili. In poche parole dovrebbe imparare a “camminare sulle uova”. Manifestano infatti scarsa empatia, non considerando che l’altro può avere come loro dei bisogni o dei problemi.
E’ possibile uscire da tale relazione malata solo prendendo consapevolezza da parte sia del bordeline che di chi lo subisce che nella loro relazione è presente un ‘terzo’ che è la patologia descritta. Dopo tale consapevolezza è possibile intraprendere una terapia individuale e/o di coppia.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

L’ATTACCO AL LEGAME

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L’attacco al legame è una modalità che viene messa in atto all’interno di una relazione da parte di uno dei due partner.
Se uno dei due partner presenta forti tratti di ambivalenza affettiva (come i borderline o i bipolari) oscilla costantemente fra il ‘ti amo’ ed il ‘ti odio’, fra idealizzazione e svalutazione dell’altro e della relazione. Inoltre tale partner ha una profonda paura di legarsi perchè ha paura di soffrire se la relazione dovesse finire.
Ed ecco che periodicamente attacca il legame per non legarsi troppo, per evitare di amare, per non soffrire, sortendo gli effetti opposti a quelli prefissi. Infatti più ‘attacca’ e più si lega, più soffre, più aumenta la sua paura della separazione. Tutto questo si riverbera sull’altro partner che subisce l’attacco in maniera speculare. Diventa necessario prendere atto di tale modalità relazionale al fine di poterla superare.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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IL LIMERENT O ULTRAATTACCAMENTO

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Il concetto di Limerence (in italiano ultrattaccamento) è stato elaborato dalla psicologa Dorothy Tennov in seguito ad uno studio scientifico sull’amore romantico. Questa psicologa ha intervistato oltre 500 soggetti sul concetto di amore. In seguito a tale ricerca Tennov ha coniato nel 1977 il termine “limerence„ pubblicandolo in Love and Limerence: The Experience of Being in Love.

Con tale termine la Tennov descrive lo stadio finale, quasi ossessivo dell’amore romantico. La Limerence è uno stato cognitivo ed emozionale caratterizzato da intenso desiderio per un’altra persona. Il termine limerence si riferisce spesso a voler intendere lo stato di una persona che esprime, preoccupazione per la persona amata, e, come mostrano recenti ricerche sulla neurochimica, uno stato mentale simile a un disturbo ossessivo-compulsivo. La Limerence sarebbe, infatti, lo stato ossessivo, l’idealizzazione irrazionale e l’intenso desiderio di essere ricambiati. Gli individui colpiti da Limerence sono costantemente attratti da partner sbagliati, soffrono amori non corrisposti e sono incapaci di imparare dalle loro esperienze. Ne deriva un senso di angoscia emotiva e un grave senso d’inutilità che accompagna la persona nel corso della vita. A tal riguardo tale stato può durare mesi, anni o anche tutta una vita, anche in un’assenza totale di reciprocità della persona amata. Inoltre in amore affetto e tenerezza esistono solo come disposizioni verso un’altra persona, a prescindere dal fatto che questi sentimenti siano ricambiati, laddove invece la limerence richiede che lo siano. Il contatto fisico con l’oggetto amato non è né essenziale né sufficiente a chi stia facendo esperienza di limerence, a differenza di chi prova un’attrazione sessuale.

Nello stato iniziale dell’innamoramento definito in inglese New Relationship Energy (NRE) si avvantaggia di una comunicazione aperta e di una consapevole mutualità di sentimenti ed è generalmente vista come una positiva esperienza di legame, mentre la limerence può disperdersi una volta che si sia stabilita una reciprocità, ed è caratterizzata da incertezza e ansietà.

Le principali caratteristiche del limerence sono:

  • Pensiero ossessivo e intrusivo sulla persona amata (detto limerent).
  • Timore del rifiuto
  • Speranza nel conquistare prima o poi l’altro
  • Manifestazioni fisiologiche del limerent (stati ansiosi, tachicardia e altro)
  • Intensificazione dell’attaccamento nelle avversità.
  • Attenzione selettiva a qualsiasi azione, pensiero, o circostanza che può essere interpretata favorevolmente come sentimento ricambiato da parte della persona amata.
  • Capacità d’ inventare o trovare spiegazioni logiche favorevoli ad azioni, pensieri e circostanze del tutto neutre in tal senso, della persona amata.

Pensiero ossessivo e intrusivo

Durante il limerence, i pensieri dell’oggetto limerent sono sia persistenti, che involontari che intrusivi. Limerence è in primo luogo un’ossessione che porta anche a vere e proprie fantasie sulla vita con la persona amata una volta conquistata . Inoltre tali fantasie si spingono anche a pensieri estremi quali il salvare la persona amata da una situazione di pericolo di vita o la persona amata che dichiara il proprio amore solo in punto di morte. Tutto questo prende vita particolarmente nei sogni, anche quelli a occhi aperti, che rappresentano una vera e propria fuga dalla realtà.

Timore del rifiuto e Speranza

Nel limerence si vive costantemente colla paura di un atto concreto di rifiuto che non lascia nessuna speranza. Speranza che è sempre presente in questa forma d’attaccamento che è alimentata dall’incertezza. Quest’ultima da una parte aumenta il dolore ma d’altra parte aumenta desiderio e speranza. Come accennato in precedenza, la speranza nel limerence porta a vedere solo i pensieri e le azioni dell’amato che confermano il desiderio di essere ricambiati, tralasciando tutto ciò che non va in tale direzione. Secondo gli studi, il limerence dura circa tre anni in media, ma può anche durare molto di più fino ad arrivare a coprire un’intera vita nei casi più patologici.

Tipologie di relazioni limerent

Abbiamo due tipologie di relazioni limerent:

Legame di Limerent-Nonlimerent: definisce le relazioni in cui uno dei due è limerent. Secondo la Tennov la maggioranza delle relazioni s’inquadra in questa tipologia e durano abbastanza a lungo.

Legame di Limerent-Limerent: definisce le relazioni in cui entrambi sono limerent. Per la Tennov questo tipo di relazione è breve.

La Tennov è del parere che le relazioni Limerent-Nonlimerent sono più forti e sicure se la donna è limerent e l’uomo è nonlimerent, perché l’uomo che è più limerent renderebbe la donna più incline ad abbandonarlo .

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

FOLLIA A DUE – FOLIE A’ DEUX

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La nostra meta non è di trasformarci l’un l’altro, 

ma di conoscerci l’un l’altro e d’imparar a vedere e a rispettare nell’altro 

ciò che egli è: il nostro opposto e il nostro completamento. 

(Hermann Hesse – Narciso e Boccadoro)

 

La Folie à deux , descritta per la prima volta da LASEGUE e FALRET nel 1873. è una sindrome clinica caratterizzata da sintomi psicotici, principalmente da deliri condivisi da due o più persone che hanno una relazione vicina ed intima.

La letteratura psichiatrica si è sempre concentrata sulla qualità della relazione dei due individui affetti, il primario (paziente psicotico “vero”) e la sua o il suo indotto.

Nel 1949 Gralnick descrive quattro sottotipi di Folie à deux:

  • folie imposée , la più comune, i sintomi di un individuo attivo e dominante sono adottati da un altro soggetto sottomesso e suggestionabile.
  • folie simultanée, due pazienti intimi, predisposti a psicosi, sviluppano sintomi nello stesso momento e nessuna parte sembra dominante.
  • folie communiquée, due pazienti predisposti sviluppano una psicosi con un intervallo di tempo.
  • folie induite, due pazienti con una preesistente psicosi adottano parte dei sintomi deliranti dell’altro, per arricchire ognuno i deliri dell’altro.

Nella maggioranza dei casi riportati dalla letteratura clinica, i soggetti coinvolti nella Folie à deux sono membri della stessa famiglia o della stessa coppia (marito e moglie) e c’è generalmente una relazione dominante-sottomesso, carnefice-vittima.

Gralnick (1942) sostiene che il processo fondamentale sia un’identificazione della parte sottomessa, che può essere inconscia, come tentativo di mantenere una relazione intima con la parte dominante che si sforza di mantenere un legame con la realtà mentre l’altro adempie alla necessità di dipendenza.

Inoltre, una predisposizione genetica e i fattori ambientali sono entrambi importanti per lo sviluppo della Folie à deux . Infatti, generalmente, la coppia coinvolta vive in contatto intimo spesso isolata dal resto del mondo e dalle sue influenze.

Quindi, l’appoggio reciproco, l’accettazione e la condivisione delle idee deliranti, combinato con l’isolamento sociale incontrato comunemente nella Folie à deux , riduce l’opportunità di avere un contributo dalla realtà ed esaminarla. Questo permette al delirio di avanzare o “ risonare ” all’interno della relazione. Il delirio potrebbe aumentare finché una fonte esterna non sia in grado di intervenire o finché non si verifica un’interruzione della psicosi.

Senza entrare ulteriormente nel merito, durante l’innamoramento, ma soprattutto dopo un lungo periodo di vita in coppia, l’amore può portare a un superamento delle barriere delle reciproche identità, che può sconfinare nel patologico, nella ‘folie à deux’. Nei rari casi di suicidi di coppia ritroviamo tale sindrome.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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