IN AMORE LE DONNE VOGLIONO IL MASSIMO

Condividi

Le donne vogliono il compagno perfetto. Intelligente, che infonda sicurezza, serio, di bella presenza. Non importa se per relazione stabile o per un’avventura. Si mira sempre al top. Le donne vogliono tutto. Lo sostiene una ricerca pubblicata sull’ultimo numero della rivista Evolutionary Psicology e condotta da David Buss psicologo della University of Texas di Austin.

Non è vero, dunque, ciò che altre ricerche avevano sostenuto e cioè che anche le donne hanno imparato a modulare le richieste da fare ad un uomo a seconda del tipo di relazione che vogliono stabilire. Per le relazioni brevi l’importante è che il tipo sia avvenente e divertente, ma per metter su famiglia occorre l’uomo che sa programmare, che dia l’idea di solidità. Questo hanno sostenuto molti psicologi negli ultimi tempi, assecondando l’idea che l’emancipazione della donna ne abbia modificato la forma mentis. Secondo Buss questo non è vero: la donna vuole sempre il massimo dal compagno, anche quello occasionale.

E dunque AAA cercasi uomini con ottimi geni e in questo senso il bell’aspetto aiuta; con un grande senso di lealtà e devozione; spiccata capacità di stare in gruppo e di manifestare istinto di protezione verso la compagna e la prole. Non importa se il nuovo incontro sarà o no l’uomo della vita, ma per non rischiare meglio scegliersi subito quello che potrebbe piacere e puntare in alto, perché non succede… ma se succede che un incontro occasionale poi diventi l’uomo che resta, il futuro felice è AAAsicurato.

Fonte: David M. Buss. Do attractive women want it all? New study reveals relationship standards are relative. Evolutionary Psicology on press
emanuela grasso fonte www.yahoo.it

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

NEL SESSO ALLE DONNE PIACCIONO I CATTIVI

Condividi

Sguardo misterioso, modi sgarbati, bugie in serie e infedeltà nascoste. Il bello e maledetto, stereotipo di celluloide, non funziona solo sul “grande schermo”. Anche nella vita di tutti i giorni ci sono James Dean sfuggenti a cui le donne danno la caccia, innamorandosene più facilmente. O almeno questo è quanto sostengono due ricerche americane presentate a Kyoto nel corso di un convegno su comportamenti umani e l’evoluzione della società.

La carta vincente del maschio bugiardo è, secondo gli esperti, l’attività sessuale. Per Peter Jonanson dell’Università del New Mexico l’uomo impulsivo ha una tendenza a mentire molto più spiccata, ed è capace di circondare le donne di una tela di bugie macroscopiche e trame machiavelliche.

Quando questi espedienti non sono così espliciti da provocare un rifiuto nella partner, allora scatta la trappola, che si traduce in approcci sessuali più disinibiti. Il risultato è che i “belli e maledetti” hanno molti rapporti, soprattutto da giovani, cosa che “garantisce la maggiore diffusione del seme e quindi la preservazione della specie”, spiega Jonanson, che ha incrociato i profili psicologici dei suoi studenti con il numero delle relazioni sessuali e sentimentali.

Le cose, però, cambiano con l’avanzare dell’età. Una volta adulti, il modello “bello e cattivo” non funziona più e le donne preferiscono l’affidabilità, la cura della prole e la stabilità alle passioni “mordi e fuggi”.
Data: 02-10-2008

Fonte e articolo completo:http://salute24.ilsole24ore.com/salute/lei_e_lui/35_Sesso__alle_donne_piacciono_i_cattivi.php

IL PARTNER PIU’ SENSIBILE

Condividi
SE DA TEMPO cerchi senza successo un compagno sensibile che sappia intuire come stai anche in base a una banale conversazione, probabilmente sinora non hai mai trovato un musicista. Avere orecchio musicale – secondo uno studio pubblicato sull’ultimo numero dell’European Journal of Neuroscience – può costituire un vero e proprio vantaggio in una relazione perché aumenta letteralmente la nostra capacità d’ascoltare gli altri, di decifrarne gli stati d’animo a partire dal tono della loro voce e quindi di rispondere ai loro bisogni. Che i musicisti fossero più sensibili alle sfumature emotive celate in un discorso era stato già segnalato da precedenti ricerche. I ricercatori della Northwestern University, Illinois, sono stati però i primi a trovare il fondamento biologico del legame tra musica ed emozioni. Per farlo, Dana Strait, Nina Kraus, Erika Skoe e Richard Ashley hanno reclutato 30 volontari, uomini e donne, musicisti e non, tra i 19 e i 35 anni. Dopo aver applicato sulla loro testa degli elettrodi, hanno mostrato loro un film naturalistico in lingua straniera sottotitolato al fine di distrarli mentre – attraverso delle cuffie – gli veniva fatto ascoltare per appena 250 millesimi di secondo il suono del pianto di un bambino e, grazie agli elettrodi e al cosiddetto Abr (esame dei potenziali uditivi), hanno monitorato le attività del nervo acustico dei volontari in risposta ai diversi stimoli sonori. I cervelli dei musicisti hanno risposto al suono del pianto molto più velocemente e accuratamente dei cervelli dei non musicisti. A differenza di quest’ultimi, quanti avevano esperienza in ambito musicale si sono dimostrati più sensibili alle variabili acustiche del pianto – tono, tempo e timbro – che più chiaramente svelavano lo stato d’animo del bambino trascurando quelle meno emotivamente significative. Non solo: coloro che avevano intrapreso gli studi musicali prima dei sette anni e che li avevano proseguiti per oltre dieci anni erano più in grado degli altri di individuare e decifrare le variabili acustiche che veicolavano informazioni sullo stato d’animo del neonato.

“I nostri risultati suggeriscono che l’esperienza musicale produce sia un aumento sia un miglioramento delle risposte neurali subcorticali connesse con le caratteristiche acustiche importanti per la comunicazione degli stati emotivi”, hanno concluso i ricercatori segnalando che il “ruolo subcorticale nel processo acustico delle sfumature emotive” rappresenta “la prima prova biologica” che la pratica musicale accresca la percezione delle emozioni espresse oralmente. “Identificare velocemente e accuratamente un’emozione in un suono è un’abilità che si traduce in ogni area, in una giungla infestata da predatori, in un’aula scolastica, in un consiglio d’amministrazione o in una camera da letto”, ha commentato Dana Strait – principale autrice dello studio, nonché suonatrice di piano e oboe – precisando che è solo la pratica, e non una predisposizione innata verso la musica, a renderci più sensibili. Anche l’amante più incapace di decifrare i sottili messaggi spesso camuffati in una semplice parola può perciò recuperare: se proprio non vorrà imparare a suonare il piano né tanto meno l’oboe, potrà sempre esercitarsi ad avere orecchio per la musica e per il partner.
(8 marzo 2009)

articolo completo al seguente indirizzo:

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it