JUNG E L’AMORE

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Si sopravvive di ciò che si riceve,  ma si vive di ciò che si dona.
(C.G. Jung)

“…ma la cura in termini di guarigione la si ottiene solo con la follia dell’amore.” (C.G.Jung)

 

“Se vai dal pensiero, porta il cuore con te. Se vai dall’amore, porta la testa con te. Vuoto è l’amore senza il pensiero, vuoto il pensiero senza l’amore.”
(C. G. Jung, Libro rosso. Liber novus,p. 276)

«L’amore è un concetto estensibile che va dal cielo all’inferno, riunisce in sé il bene e il male, il sublime e l’infinito.» (Jung)

“Io cerco la persona che sia capace di amare l’altro senza per questo punirlo, senza renderlo prigioniero o dissuaderlo; cerco questa persona DEL FUTURO che sappia realizzare un amore indipendente dai vantaggi o svantaggi sociali, affinché l’amore sia sempre fine a se stesso e non solo il mezzo in vista di uno scopo.”
(Carl Gustav Jung a Sabina Spielrein)

«L’amore di Sabina per Jung in ultimo ha reso conscio qualcosa che prima egli presentiva solo in modo confuso, cioè una potenza che determina il destino dall’inconscio; questo più tardi lo condusse a delle cose importantissime. Il rapporto doveva essere ‘sublimato’ perché altrimenti lo avrebbe indotto all’accecamento e alla pazzia (concretizzazione dell’inconscio). Talvolta si deve essere indegni, per riuscire a vivere pienamente.»
(Lettera di JUNG a SABINA SPIELREIN, del 1 Settembre 1919)

“Il nostro amore e’ nato sulla base della reciproca comprensione delle nostre anime e di comuni interessi spirituali”.
(dal Diario di Sabina Spielrein,11-XI,1910)

« […] E’ piuttosto l’incapacità di amare che priva l’uomo delle sue possibilità. Questo mondo è vuoto solo per colui che non sa dirigere la sua libido sulle cose e sugli uomini, e conferir loro a suo talento vita e bellezza. Ciò che dunque ci costringe a creare, traendolo da noi stessi, un surrogato, non è una carenza esterna di oggetti, ma la nostra incapacità di abbracciare con amore una cosa che stia al di fuori di noi. […] Mai difficoltà concrete potranno costringere la libido a regredire durevolmente a un punto tale da provocare l’insorgere di una nevrosi. Manca qui il conflitto che è il presupposto di ogni nevrosi. Solo una resistenza, che contrapponga il suo non volere al volere, è in grado di produrre quella regressione che può essere il punto di partenza di un disturbo psicogeno. La resistenza contro l’amore genera l’incapacità all’amore, oppure tal incapacità può operare come resistenza.»
(C.G.Jung – Simboli della Trasformazione, Ed.Bollati Boringhieri, p.175)

“Sia nella mia esperienza di medico che nella mia vita, mi sono trovato difronte al mistero dell’amore. E non sono mai stato capace di spiegare cosa esso sia. Qui si trovano il massimo e il minimo. Il più remoto e il più vicino. Il più alto e il più basso. E non si può mai parlare di uno senza mai considerare anche l’altro. L’amore soffre ogni cosa e sopporta ogni cosa, queste parole dicono tutto ciò che c’è da dire. Non c’è nulla da aggiungere. Perché noi siamo nel senso più profondo le vittime o i mezzi e gli strumenti dell’amore cosmico. Essendo una parte l’uomo non può intendere il tutto, è alla sua merce. L’amore non viene mai meno, sia che parli con la lingua degli angeli sia che tracci la vita della cellula con esattezza scientifica risalendo fino al suo ultimo fondamento. Se possiede un granello di saggezza l’uomo deporrà le armi e chiamerà l’ignoto con il più ignoto.Cioè con il nome di Dio. Sarà una confessione di imperfezione, di dipendenza, di sottomissione ma al tempo stesso una sua testimonianza della sua libertà di scelta tra la Verità e l’errore.”
(C.G.Jung – Ricordi Sogni Riflessioni)

«San Paolo nella sua prima lettera ai Corinzi ci dice che …
“…Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi l’amore, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna.E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi l’amore, non sarei nulla.
E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato,
ma non avessi l’amore, niente mi gioverebbe.
L’amore è paziente, è benigno l’amore; non è invidioso l’amore, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia,ma si compiace della verità.
Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta..”

Queste parole dicono tutto ciò che c’è da dire; non c’è nulla da aggiungere. Perché noi siamo, nel senso più profondo, le vittime o i mezzi e gli strumenti dell’”amore” cosmogonico. Pongo la parola tra virgolette per indicare che non la uso nei suoi significati di brama, preferenza, favore, desiderio, e simili, ma come un tutto superiore a una singola cosa, unico e indivisibile. Essendo una parte, l’uomo non può intendere il tutto. È alla sua mercé. Può consentire con esso, o ribellarsi; ma sempre ne è preda e prigioniero. Ne dipende e ne è sostenuto. L’amore è la sua luce e le sue tenebre, la cui fine non può riuscire a vedere. “L’amore non vien mai meno”, sia che parli con la “lingua degli angeli”, o che, con esattezza scientifica, tracci la vita della cellula risalendo fino al suo ultimo fondamento. L’uomo può cercare di dare un nome all’amore, attribuendogli tutti quelli che ha a disposizione, ma sarà sempre vittima di infinite illusioni. Se possiede un granello di saggezza, deporrà le armi e chiamerà l’ignoto con il più ignoto, ignotum per ignotius, cioè con il nome di Dio. Sarà una confessione di imperfezione, di dipendenza, di sottomissione, ma al tempo stesso una testimonianza della sua libertà di scelta tra la verità e l’errore.”»
(C.G.Jung – Ricordi, Sogni, Riflessioni)

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