PSICOBIOLOGIA DELL’AMORE
Perché scegliamo un partner al posto di un altro? Quali sono le caratteristiche fisiche, psicologiche e comportamentali che deve avere un partner per essere attraente? Ed ancora: cosa vogliamo da questa relazione? Se desideriamo un rapporto intenso e gratificante siamo disposti ad affrontare nuovi assetti relazionali che potranno trasformarci profondamente o stiamo invece cercando di mettere in atto un semplice copione di accoppiamento e mantenere il più possibile inalterato il nostro attuale stile di vita? Negli ultimi anni la ricerca scientifica sta cercando di comprendere la neurobiologia dell’amore, il senso profondo che orienta l’essere umano verso l’accoppiamento ed il legame affettivo Nel 1980 lo psichiatra Michael Liebowitz ha individuato nell’amore due stadi fondamentali: l’attrazione e l’attaccamento. Mentre nella prima condizione dominano le emozioni finalizzate alla costituzione della coppia (desiderio, piacere, esaltazione, speranza ma anche paura di perdere l’oggetto d’amore, l’attenzione focalizzata, la sensibilità estrema agli atteggiamenti dell’altro fino alla gelosia morbosa ed ingiustificata), mediate verosimilmente dai circuiti dopaminergici deputati a rappresentare le emozioni in risposta a stimoli edonici, nel secondo stadio è prevalente la sensazione di benessere, sicurezza e attaccamento associata alla liberazione di altri neurotrasmettitori, come endorfine o ossitocina.
Ma ci vorrà molto tempo prima che ci spieghi perché a stimolare quei neuroni e a liberare quei neurotrasmettitori sia quel particolare uomo o donna e non altri”. In una prospettiva psicologica, l’attrazione si realizza perché il nostro vissuto ci rende sensibili precisamente ai segnali di una determinata persona e non a quelli degli altri. “Lo stile affettivo acquisito durante l’infanzia tende ad orientare le relazioni successive e non è una fatalità che pietrifica l’amore – scrive lo psichiatra Boris Cyrulnik nel volume divulgativo “Parlare d’amore sull’orlo dell’abisso” (Frassinelli) – la coppia costituisce il luogo delle interazioni e il momento propizio dove rielaborare i propri apprendimenti”. E’ inoltre possibile osservare lo stile di attaccamento della coppia e l’adattamento reciproco in base alla modalità di dialogo. In accordo a quanto osservato da Paul Watzlawick in “Pragmatica della comunicazione umana”, “in ogni comunicazione i partecipanti si danno a vicenda delle definizioni della loro relazione, o per dirla con più precisione, ciascuno cerca di determinare la natura della relazione”. Le coppie con un attaccamento sicuro comunicano armonizzandosi a vicenda, come in una danza comportamentale e verbale “dove ognuno, attento al corpo e alle parole dell’altro, ascolta ciò che dice e lo guarda parlare – continua Cyrulnik – percepisce facilmente i suoi segnali corporei, e lo sguardo improvvisamente orientato verso l’interlocutore a indicare che sta per cedergli la parola. Al contrario, le coppie con un attaccamento insicuro-preoccupato mostrano durante le loro interazioni una instabilità psicomotoria e frequenti interruzioni ai discorsi dell’altro, con intromissioni di elementi o persone estranee al contesto: “queste coppie rispondono alla sensazione che l’altro suscita in loro, non si armonizzano con il partner – spiega lo psichiatra – lo interrompono per timore di essere dominati, o semplicemente perché non tengono conto del mondo mentale che l’altro cerca di esprimere”. Infine i partner di coppie con attaccamento disorganizzato sembrano perdere il contatto l’uno con l’altro, comunicando con gesti imprecisi, parole dette a sproposito o silenzi imbarazzanti. Vediamo cosa succede quando si incontrano una donna ed un uomo con due stili di attaccamento e comunicativi diversi. Lei è una giornalista, attraente e gentile – la gentilezza e cultura le permettono di regolare la distanza tra sé e gli altri – intervista preferibilmente al telefono o anche per e-mail, frequenta uomini evitanti quanto lei con i quali discute di argomenti culturali, intervallandoli con qualche episodio di sesso, senza raggiungere una vera intimità emotiva. Lui è un medico, fisico sportivo e sguardo seduttore, un matrimonio fallito alle spalle, un “professional single” che non vuole sentirsi solo ma non vuole nemmeno formare una coppia. Si incontrano occasionalmente in palestra. Scatta subito un’attrazione reciproca. Ognuno ripete il suo copione: lui la tocca prima di tutto con lo sguardo. Poi si avvicina parlando; le parole servono a creare una prossimità fisica. Non ha fatti i conti con l’atteggiamento evitante di lei che è capace di respingere anche un uomo che le piace. Lei parla di un articolo che sta scrivendo. Gli dà il suo indirizzo e-mail. In qualche modo vorrebbe trasformarlo in un uomo a distanza anche se è a pochi passi da lei. Impossibile. Lui non è uno dei soliti intellettuali che è abituata a frequentare e lei non è una delle sue solite conquiste. Per andare d’accordo, ognuno dovrà cambiare qualcosa di se stesso e dell’altro, diventare il terapeuta dell’altro, inventare un nuovo modo di amare che non è la somma dei due stili di attaccamento, ma qualcosa di nuovo che accordi dolcezza e passione. Quello che Cyrulnik definisce “coniugazione affettiva”…
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