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CAUSE DEGLI ANNULLAMENTI ECCLESIASTICI

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Le cause degli annullamenti: dal disturbo narcisistico al delirio di gelosia
Nella relazione del 2007 raccolte le motivazioni dei processi arrivati a conclusione
ROMA – La stragrande quantità di cause di nullità derivano da un «vizio di consenso» (o incapacità consensuale). E, seguendo il testo della relazione annuale della Rota Romana del 2007, ci si imbatte in una serie di cause psichiche molto variegate, tutte collegate al canone 1095 del diritto canonico («grave difetto di discrezione di giudizio» e «incapacità di assumere gli obblighi essenziali del matrimonio »).
Ecco alcuni casi accettati come ragione di annullamento: «disturbo affettivo bipolare», «disturbo di personalità schizoide», «disturbo di personalità antisociale», «disturbo di personalità narcisistico », «sindrome ansioso-depressiva conseguente alla morte del primo coniuge», «personalità ossessivo- compulsiva», «personalità passivo- aggressiva e dipendenza dalla madre», «personalità borderline », «disturbo di personalità antisociale e narcisistico», «disturbo con aspetti ipertimici e associato ad abuso alcolico», «disturbo di personalità istrionico», «immaturità affettiva e sessuale», «disturbo di personalità connesso, tra l’altro, a grave sofferenza cerebrale di origine traumatica», «disturbo di personalità con aspetti misti ed evitanti », «personalità globalmente psicopatica», «delirio di gelosia con abuso alcolico», «paranoia alcolica », «marcata irresponsabilità connessa a una nevrosi d’ansia con componenti ossessive, a sua volta legata a infermità somatiche del soggetto».
In un caso di immaturità di donna ha contato «la giovanissima età al momento del matrimonio, 15 anni, la gravidanza intervenuta e la bassa capacità intellettiva». Poi ci sono i casi di «simulazione del consenso». «Caso di matrimonio di convenienza, celebrato dalla donna convenuta solo per conseguire l’agiatezza economica ». «Mentalità divorzistica acquisita dalla moglie durante la permanenza in Inghilterra negli anni sessanta ». Oppure: «La donna subordinava la durata del matrimonio alla responsabilizzazione dell’uomo. Si sposò perché era rimasta incinta e non voleva sottoporsi a un secondo aborto, dopo quello già compiuto durante la relazione prematrimoniale ». Capitolo prole, ovvero la volontà di avere figli. Causa di nullità legate alla deliberata assenza di figli: «Forte repulsione verso l’idea di maternità», «prevalente considerazione della prospettiva lavorativa », «paura che i figli rivivano le proprie esperienze negative», «desiderio di tutelare la propria libertà ». Nel 2003 fece sensazione una sentenza legata alla «mascolinità sicula di un uomo» che rivendicava «esagerata supremazia sulla fidanzata », dicendosi pronto al divorzio se «la donna non fosse stata all’altezza». Sempre quell’anno viene dichiarato nullo un matrimonio in cui una ragazza incinta aveva costretto il fidanzato a sposarla «minacciando di abortire», un chiaro caso (per i giudici) di «timore invalidante il consenso». Nel 1993 fece discutere quella di una coppia che non credeva nell’indissolubilità del matrimonio in quanto «succube di teorie legate all’atmosfera negativa suscitata dall’introduzione del divorzio in Italia».
Paolo Conti15 marzo 2008 (fonte www.corriere.it)

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it